Rosolini, ristoratore mette i sigilli alla sua pizzeria: “Ditemi come c**** devo fare””
Ha messo i sigilli alla sua stessa pizzeria e attaccato alle due saracinesche dei cartelli con parole chiare, crude, piene di rabbia e di sconforto.
È aria di disperazione, quella che si respira stamattina in una Piazza Garibaldi già vuota per la zona rossa nazionale e senza nemmeno più l’anima e l’entusiasmo dei proprietari delle attività commerciali, piegati completamente dalle chiusure forzate.
Giorgio, proprietario della pizzeria “Il Carrubo”, che gestisce assieme alla moglie Deborah, non ce la fa più e questa mattina ha deciso di agire in un modo che strappa il cuore: sigilli alla sua stessa pizzeria. “Visto e considerato che per fare questo mestiere io mi sono fermato al diploma, e sono comunque fiero di fare il pizzaiolo, ditemi voi invece, in giacca e cravatta, cosa c**** devo fare? Datemi voi la soluzione” – ha scritto in uno dei due cartelli attaccati alle saracinesche del suo locale.
“Voi che non avete idea di cosa significhi aprire queste saracinesche con mille difficoltà, con debiti da pagare, con una pandemia in corso. Siete bravi solo a chiedere sacrifici e chiusure, cosa c**** devo fare?”.
L’appello di Giorgio, che abbiamo sentito subito dopo il suo gesto, è pieno di rabbia, senza più alcuna fiducia nelle istituzioni: “Siamo stanchi. Se non fosse per mia moglie che mi spinge ad andare avanti, avrei già affisso il cartello vendesi. Le spese sono insostenibili e la politica fa promesse che puntualmente non sono mantenute. Non mi vergogno a dire che non ho più alcuna fiducia nelle istituzioni”.
“La politica deve trovarmi una soluzione” – continua. “Io non pretendo soldi, né voglio diventare ricco. Voglio solo lavorare e vivere dignitosamente con il mio lavoro. Io sono solo un artigiano, mentre voi – riferendosi ai politici – gli uomini del potere, che dovreste trovare soluzioni per noi, non avete idea di quanti sacrifici ci sono dietro l’apertura di una saracinesca”.
“Chiedere un finanziamento alle banche? – continua Giorgio-, “ci abbiamo pensato. Indebitarci per pagare i debiti e intanto andare avanti. Ma nemmeno questo è possibile. Le banche danno i soldi solo a chi già ce li ha, a chi non ha debiti, a chi non è nei casini finanziari”.
Non vedono via d’uscita, Giorgio e Deborah, se non quella di chiudere subito. E poi? “E poi – rispondono- come possiamo saperlo adesso? Al momento non abbiamo altra scelta”.
Ma chiedono aiuto, a gran voce, al Commissario Straordinario Giovanni Cocco: “Chiediamo al Commissario di ascoltare il nostro appello e di farsi mediatore con il presidente della Regione Nello Musumeci. Siamo disperati, vogliamo essere ascoltati, vogliamo lavorare e vivere dignitosamente”.
La pizzeria “Il Carrubo”
Giorgio e Deborah hanno aperto la loro pizzeria nel febbraio 2020: un mese dopo è stata pandemia mondiale, chiusura forzata. Il solo asporto non basta per sostenere le spese. Una sfida imprenditoriale di due giovani coraggiosi, il cui entusiasmo è stato troncato troppo presto. Lo scorso febbraio i giovani hanno compiuto il loro primo anno di attività: gioia, sì, ma anche tanto sconforto. “Avete presente quando si entra in un tunnel e si vede una luce accecante?” – ci aveva detto Deborah quel giorno. “Ecco – aveva continuato- poi d’improvviso è stato buio totale. Oggi quella luce continuiamo a cercarla, passo dopo passo, attraverso questo tunnel”.
Una luce che però, per i ristoratori, e non solo, non si vede ancora. “Adesso basta”, “Siamo i nuovi poveri”, tutti gridi di protesta che in questi giorni uniscono nella disperazione gli imprenditori di tutta Italia. E mentre c’è chi sfida il governo e apre lo stesso, c’è anche chi, come Giorgio, mette addirittura i sigilli alla sua attività. “Aiutateci” è il suo grido.