Festa della donna: intervista alla vice questore Malandrino; “Una Donna con la D maiuscola”

Festa della donna: intervista alla vice questore Malandrino; “Una Donna con la D maiuscola”

Quando si celebra, ogni anno, la Festa della Donna, il pensiero si posa sempre sulle donne che hanno fatto della loro vita un’icona di libertà e resistenza. Sono donne che ce l’hanno fatta; ce l’hanno fatta a liberarsi dai pregiudizi della società, dalla prepotenza e dai maltrattamenti degli uomini. Sono le donne che hanno dimostrato che è il loro cervello che conta, e non il corpo. E sono quelle che hanno rimpiazzato le lacrime con i sorrisi, quelle che, davanti a un uomo, sostituiscono il sorriso timido e impotente alla risata libera, determinata, sicura e, se necessario, pure ribelle. E se lo scorso anno vi abbiamo raccontato la storia di una bellissima ragazza che ha vinto sui maltrattamenti psicologici subiti dal padre, quest’anno abbiamo deciso di guardare a queste inaccettabili circostanze seduti dall’altra parte. Dalla parte di chi, come il Vicequestore Maria Antonietta Malandrino, lotta ogni giorno per seminare la cultura dell’eguaglianza e del rispetto delle donne.
Una donna da cui abbiamo tanto da imparare. Una grandissima professionista, oggi anche nuovo Dirigente della Digos della Questura di Siracusa, ma soprattutto una grandissima donna che si batte per le donne. Se qualcosa vi dice che la conoscete già, ve lo confermiamo. È il suo il nome, in assoluto, il più legato al caso del femminicidio di Laura Pirri, la giovane rosolinese bruciata viva dal marito Sebastiano Iemmolo al termine di una futile lite per 20 euro.
Fu proprio la Dottoressa Malandrino, con la sua instancabile azione investigativa, a portare alla risoluzione del caso in soli 6 mesi, al termine dei quali a Iemmolo è stato inflitto l’ergastolo per l’uccisione della moglie.
Dai casi di femminicidio al coordinamento delle indagini sulla mafia a Pachino, con boss e gregari oggi in carcere. Lei è il nostro Vice Questore, e nel ringraziarla per il lavoro che svolge, abbiamo pensato di omaggiare tutte le donne, per la loro festa, con questa intervista ad una donna con la D maiuscola.

  • Per la comunità rosolinese, e anche oltre, basta fare il suo nome per pensare subito alla lotta al femminicidio e alla sensibilizzazione verso questo fenomeno anche grazie ai video realizzati dalla Polizia di Stato, destinati a grandi e piccoli. Per noi è diventata, in un certo senso, il simbolo della lotta alla violenza contro le donne. Ci permettiamo di chiederle: perché questa sua forte sensibilità nei confronti di questo tema?
    In realtà io mi chiedo: sono io che ho una forte sensibilità nei confronti di questa tematica o, al contrario, sono gli altri ad esserne troppo indifferenti?
    Non credo di dare di più di quello che va dato alla società e al mondo femminile e non credo di spendere energie inutili. Non sono la sola ad avere questa forte sensibilità. Per me fare parte di un gruppo di lavoro che comprende funzionari di polizia, magistrati e tutte le donne che ne fanno parte è motivo di orgoglio. Perché fare squadra nel tentativo di cambiare la mentalità delle donne e, soprattutto, quella di certi uomini deve essere per tutte le donne che lavorano nelle istituzioni -e per tutte le donne e mamme- un punto fermo.
    Giustamente vi chiederete: un poliziotto si mette a fare video contro il femminicidio? Si, perché l’attività di prevenzione è fondamentale quanto e più della repressione. I video sono un tipo di comunicazione immediata molto utilizzata tra i giovani. È importante parlare ma è importante anche rivolgersi a loro usando i loro stessi canali comunicativi, le immagini e la musica, per far capire loro come la Polizia di Stato si spenda costantemente e quotidianamente per le donne, in modo opportuno e riservato, come la delicatezza dei casi richiede.
  • Una sensibilità innata quindi, oppure l’ha scoperta in un momento preciso della sua vita?
    L’ho scoperta probabilmente quando per la prima volta ho visto una donna uccisa.
    Era il 2006, dirigevo il Commissariato di Noto e mi trovai ad affrontare un caso di femminicidio che, tra l’altro, interessò proprio il vostro paese. La vittima era una giovane rumena che lavorava come badante presso un’anziana. Un uomo di Rosolini si invaghì di lei ma, non corrisposto, la uccise e tentò di disfarsi del suo cadavere dandole fuoco.
    Questi sono casi che lasciano il segno. Era solo una giovane donna che veniva dalla Romania nel tentativo di dare una svolta alla propria vita fatta di povertà. Fu un omicidio che risolvemmo in pochissime ore perché, a seguito di perquisizione a casa della vittima, scoprimmo che aveva conservato qualche foto di quella relazione. La identificammo come badante straniera perché una vecchietta cercava la propria badante che non era rientrata e noi avevamo un cadavere: fatti i necessari riscontri risultò tutto chiaro.

Non condivido affatto le tesi, fin troppo comuni, che attribuiscono a qualche problema psicologico il fatto che gli uomini uccidano le donne. In genere sono convinta che sia un problema sociale e culturale, cioè di sottocultura. In tante famiglie ancora oggi si pensa che la donna sia proprietà dell’uomo, che debba acconsentire a tutto, alla maleducazione, alla prepotenza. C’è un retaggio che… altro che patriarcato! Smettiamola di giustificare, si è avuta fin troppa tolleranza.

  • Come il caso di un altro femminicidio rosolinese, quello in cui fu vittima la giovanissima Laura Pirri…

Quel caso però è stato molto più complesso, non lo abbiamo risolto in poche ore ma in sei mesi. L’indagine è iniziata un po’ in ritardo e ci ha aiutato la ferma convinzione dei familiari di Laura secondo cui le cose erano andate diversamente da come il marito aveva raccontato. In realtà, in primo luogo i familiari, poi noi come Polizia di Stato e la Magistratura, abbiamo dato credito alle parole della mamma di Laura che riferiva cosa aveva raccontato il bambino. Continuo a sostenere che noi nei bambini dobbiamo credere e investire. Quel bambino, ad esempio, aveva detto la verità fin dal primo momento. Certo non si può fondare un processo sulle sole dichiarazioni di un bambino; abbiamo però sviluppato un’indagine che alla fine ha dimostrato come il bambino non solo aveva detto il vero ma, dopo l’omicidio della madre, era sottoposto a grande pressione, condizionato dal padre. Si trovava nella consapevolezza latente di aver perso la madre e che, per altri versi, avrebbe perso anche il padre.

Quando parlo di prevenzione, e ci tengo alla realizzazione dei video, è perché sono convinta che un’indagine non basti. L’azione repressiva è determinante per “fare giustizia”, ma non è bastata a salvare la vita di Laura né di quella povera ragazza rumena. Quindi è necessario cambiare le cose a monte. È necessario riflettere. Fermo restando che chi delinque deve sapere che pagherà.

Lei è una donna di successo, stimata e ammirata non solo dagli addetti ai lavori ma anche da tantissimi cittadini, merito non solo della sua spiccata professionalità ma anche di una buona dose di umiltà, che tutti le riconoscono. Quali sono le donne a cui si è ispirata nella sua vita privata o nella sua attività professionale?
Devo dire che per la semplicità e l’umiltà mi sono ispirata a mia madre ma per la propensione a dare agli altri mi è invece stato d’esempio mio padre. Entrambi non ci sono più. Mio padre Comandante del carcere di Poggio Reale.
Lui non era molto d’accordo su questo mio lavoro, probabilmente avrebbe preferito una figlia avvocato. Laureandomi in giurisprudenza però lo feci contento ugualmente. Lui mi diceva che per fare bene il proprio lavoro il punto di partenza è quello di immedesimarsi nella realtà che hanno vissuto gli altri. Me lo diceva a proposito della sua attività, in auge negli anni 60, quando la criminalità era molto più violenta. “Quando cammino nei corridoi del carcere di Poggio Reale – mi raccontava -, mi immedesimo nella vita di chi sta dietro le sbarre”.
Mi ha insegnato che loro sono i nostri nemici solo dal punto di vista professionale ma era fondamentale per lui, come lo è oggi per me, comprendere le origini di ogni cosa e lavorare sempre cercando di capire da dove viene la loro emarginazione, il degrado nel quale si muovono. E così come mio padre, anche io guardo ognuno di loro con l’augurio che l’arresto di oggi sia invece la loro salvezza per domani. Perché se solo uno di loro, solo uno, domani dovesse dirmi: “Per fortuna che all’epoca mi arrestò, perché solo così ho cambiato la mia vita”, questa sarà la frase che mi renderà in assoluto più orgogliosa del mio lavoro.

  • Un giornalista inglese, durante la sua attività a Modica, l’ha definita il “vero Montalbano” e addirittura anche meglio del vero Montalbano. Bella, intelligente e determinata, con una spiccata professionalità e un amore viscerale per il suo lavoro. Lei, nello sbrogliare la matassa dei gialli di questa fetta di Sicilia, si sente un po’ come il personaggio di Camilleri?
    Mi ci sento solo per un motivo: perché ho fatto del mio lavoro il mio hobby. Il mio lavoro è motivo di divertimento per me e non le nascondo che talvolta, quando sono in ferie, quasi mi annoio e non vedo l’ora di ripartire. Io mi diverto davvero in ufficio; mi diverto quando faccio le indagini, spesso condivido con i magistrati le nostre convinzioni su un caso, discutendo anche con loro perché capita che la pensino diversamente, ma trovando sempre una interlocuzione produttiva. Mi diverte anche fare le cose che fanno gli agenti. Se c’è da fare un appostamento non mi metto al di qua della scrivania, vado sempre di là, insieme al mio personale. Questa è, per me, fondamentale.
    Instaura anche rapporti di stima e amicizia con i protagonisti dei casi che segue…
    Si anche. Capita spesso che mi chiamino anche da Comuni in cui io non sono il funzionario di riferimento, magari perché hanno letto delle mie indagini. Quando il lavoro ovviamente non è di mia competenza cerco di indirizzare verso altri uffici, ma quando è mio… sono contentissima. E non vi nego che quando mi sento di poter risolvere un caso, mi dispiace tantissimo mandarli altrove, perché con la mente sono già andata alle possibili azioni da intraprendere immediatamente. Deformazione professionale.
  • Per essere il vero Montalbano insomma, le manca solo la casa sulla spiaggia…

Eh no, (sorride) ce l’ho invece. Abito a 50 metri dal mare. Credo che in fondo quello delle Forze dell’Ordine sia uno dei mestieri più invidiati e divertenti. C’è addirittura uno studio che li ha individuati come le figure più seguite e invidiate. Ecco perché certi film sono così amati.

  • Vice Questore e, da qualche settimana, nominata pure Dirigente della Digos. Su quali ambiti verterà il suo nuovo lavoro e quali saranno le sue nuove responsabilità?
    Una materia delicatissima, che si occupa di contrasto ai reati di terrorismo anche internazionale ed eversione dell’ordine democratico, fino a seguire le dinamiche del tifo organizzato, a vigilare sulle pubbliche manifestazioni sportive, di piazza, cortei studenteschi, di protesta e tanto altro. Un bel da fare!
  • La “responsabilità” è un sostantivo femminile e dati statistici rivelano che la presenza di una donna al vertice di un’azienda porta creatività e produttività. Dal suo punto di vista questa parte di Sicilia, in cui lei opera quotidianamente, è a misura di donna?
    Non so cosa sia davvero a misura di donna. Spesso è invece proprio la donna che, per la sua versatilità, si adegua facilmente e fa diventare a sua misura tutto ciò che è nato per essere a misura d’uomo. Là dove la società non ci viene incontro è la donna che si trasforma. Io ad esempio in certe cose riesco ad essere camaleontica in base a esigenze o opportunità. Se devo risolvere un problema in cui c’è da correre, metto le scarpe da ginnastica e non i tacchi. E così, comincio a correre.
    Io credo che, non solo in questa parte, ma in tutta la Sicilia, il senso di arretratezza si percepisce in tanti aspetti.
    Però sa… avere come mio superiore gerarchico e capo della Questura una donna, la dottoressa Gabriella Ioppolo, il Vicario che è una donna, la dottoressa Antonella Paglialunga e guardare anche alle altre istituzioni con le quali ci rapportiamo quotidianamente, come il Prefetto, anche lei una donna, la dottoressa Scaduto, o alla Procura con a capo la dottoressa Sabrina Gambino, mi fa ben sperare sul fatto che se il mondo non fosse proprio a nostra misura, noi siamo senza alcun dubbio preparate ad affrontare il mondo.

Si dice che dietro un grande uomo c’è una grande donna e, viceversa, dietro una grande donna c’è sempre un grande uomo?
È assolutamente così. Mio marito mi sorregge in questo difficile percorso. Sono spesso fuori casa e faccio affidamento su di lui su tante cose. Mi sostiene emotivamente quando lo stress e la stanchezza del lavoro mi assalgono, perché siamo convinti, insieme, che tutta la stanchezza e la fatica non sono mai sprecate. E pazienza se per oggi la casa è in disordine, e pazienza se domani non avremo il tempo di fare la spesa. Si rimedia come si può.
E poi, il fatto di non aver avuto figli mi fa credere che tutto, nella vita, abbia una sua logica. I miei figli sono i miei colleghi, sono i cittadini. È mia figlia la vecchietta derubata che non ha più l’oro che per lei rappresentava una vita di ricordi, è mia figlia la donna maltrattata,è mia figlia la donna uccisa. Mi sento un punto di riferimento, un appoggio per quanti mi circondano o mi chiedano aiuto, così come una madre con i propri figli.

Vogliamo chiudere in questo modo: qual è il suo augurio alle donne in occasione della loro festa? Cosa si augura per loro?
L’augurio è quello di essere sempre se stesse e di credere nei propri sogni. E, soprattutto, anche se magari può sembrare esagerato, credere nel sogno di cambiare il mondo. Cambiarlo partendo dal cambiamento di se stesse quando, ad esempio, si comprende che dentro qualcosa non va. Bisogna cercare la libertà per vivere bene e dopo averla trovata si può tentare di cambiare il mondo. Perché cambiarlo per migliorarlo è una responsabilità a cui le donne non debbono mai sottrarsi.

Con questo sogno ambizioso la Redazione del Corriere Elorino al completo rinnova gli auguri a tutte le donne per la loro festa. Perchè tutte le donne sono Donne con D maiuscola!

Enrica Odierna

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