Borrometi: “Il deputato condannato torna in Parlamento e querela me”

Borrometi: “Il deputato condannato torna in Parlamento e querela me”

“Eh sì, cari amici. Anche i “santi” querelano, proprio così. Parliamo del condannato, tanto indiscusso quanto chiacchierato ras delle preferenze siracusano: l’onorevole Giuseppe Gennuso. Detto Pippo”.

Inizia così la risposta del giornalista Paolo Borrometi al comunicato stampa del deputato regionale Giuseppe Gennuso. Un comunicato con il quale Gennuso ha annunciato querela nei confronti di Borrometi con la nomina di tre avvocati, per “difendere la propria onorabilità dalle continue menzogne”.

Borrometi risponde con un post sulla sua pagina Facebook e non le manda a dire, annunciando che, nel caso in cui dovesse essere denunciato, darà in beneficenza i soldi “con i quali lui mi risarcirà” alle vittime della mafia “perché io i suoi soldi non li voglio”.

“Arrestato più volte, da pochi giorni è ritornato in Parlamento -scrive Borrometi-. Si, in Parlamento e con tutti gli onori del caso, oltre ad uno stipendio di circa diecimila euro al mese.
Il suo rientro in Parlamento, nel luogo massimo di rappresentanza, ha indignato molti di voi.
Ieri, invece di entrare nel merito delle accuse per le quali ha patteggiato (l’accusa era soldi in cambio della ripetizione delle elezioni!), ha annunciato che querelerà me.
Ma lui è un “santo”, una definizione che non è frutto del mio ingegno o della mia creatività, ci mancherebbe altro, ma di amici e parenti del capomafia di Avola.
“U Santo Nostro” lo chiamavano quando – secondo la procura ed i Carabinieri – concordavano con lui il voto di scambio politico mafioso. Successivamente il Tribunale del Riesame ha stabilito che l’accusa di aver comprato i voti fosse giusta, ma non con la mafia bensì con un’associazione di ciclisti, nella quale c’era il genero del capomafia. E ritornò in libertà.
Da allora un’altra serie di denunce, fino all’arresto per corruzione giudiziaria. L’accusa, questa volta la Procura di Roma, sosteneva che avesse corrotto i giudici per ripetere le elezioni. Elezioni in cui non era stato eletto. Poi ripetute, neanche a dirlo, venne eletto. Uscì dagli arresti con un patteggiamento, per “traffico di influenze”.
Ed ecco l’annuncio della sua querela con il comunicato stampa: tre avvocati per denunciare me.
Quale sarebbe la mia colpa? Avervi informato…
La sua onorata carriera l’ho raccontata nel mio libro “Un morto ogni tanto”, edito da Solferino.
Un libro in cui raccontavo tanti fatti, come ad esempio (con prove alla mano, le visure camerali) il fatto che nelle società della sua famiglia ci fossero i commercialisti delle società dei familiari del super latitante Matteo Messina Denaro.
Postilla finale: se davvero mi querelerà, anticipo che i soldi con i quali mi risarcirà li donerò alle vittime di mafia. Perché io i soldi suoi non li voglio!
Voi che ne pensate?
Facciamo rete contro chi infanga il buon nome delle istituzioni”.

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