Presentato a Rosolini “La storia del Coronavirus tra Bergamo e Brescia” del rosolinese Beppe Spatola
L’autore Beppe Spatola: “Se il Covid ha rappresentato l’inferno per l’Italia, il girone più profondo lo abbiamo avuto noi a Brescia. L’allarme c’è ancora, dipende tutto da noi”.
È stato presentato oggi pomeriggio presso la villetta Cultrera, il libro del giornalista di origini rosolinese Giuseppe Spatola, “La storia del coronavirus a Bergamo e Brescia”.
Vicepresidente dei cronisti lombardi già al Corriere della Sera, inviato di Bresciaoggi e corrispondente lombardo di AGI, Beppe Spatola è conosciuto per essere un grande cronista di importanti fatti di cronaca nazionale. Un orgoglio tutto rosolinese che ha scelto proprio il suo paese di origine come prima tappa per presentare il suo libro poco dopo l’ intitolazione di una via di Rosolini a suo papà Turiddu Spatola, educatore e anche lui giornalista.
A coordinare la presentazione del libro il giornalista Pippo Cascio, seduto al tavolo di lavoro assieme a Beppe Spatola e al sindaco Pippo Incatasciato.
“Grazie Beppe che stai iniziando la presentazione della tua opera a Rosolini- ha esordito il sindaco rivolgendosi al giornalista.”Per noi è un onore e riteniamo che questo gesto di affetto sia importante in un momento peraltro altrettanto importante. Ho apprezzato quest’opera perché con la tua arte da cronista hai scritto pagine di storia che vanno a ripercorrere tutte le vicende che sono appartenute al nostro territorio”.
Anche lui colpito dal Covid 19, con sintomi lievi, ha vissuto la tragica pandemia nel bresciano e nel bergamasco. Ad oggi sono 13 mila i contagiati in quel territorio.
“È come se avessero preso una fetta di Rosolini–dice Beppe- e l’avessero chiusa in un contenitore a tenuta stagna. Abbiamo perso intere generazioni di nonni e nonne, i ” compagni di giocate a carte” sono stati sterminati.
A questa strage si aggiunge quella economica: nelle due province abituate a essere la locomotiva d’Italia sono stati persi 8 miliardi di euro di fatturato. Numero che non ha riscontro in nessun altro evento se non nella seconda guerra mondiale, che ha fatto meno vittime del Covid in Lombardia. Un morto ogni mezz’ora”.
E Beppe ha perso anche tanti amici e colleghi.
“Abbiamo dovuto prendere le singole bare- ha continuato- e appoggiarle all’ interno delle chiese, dei cimiteri o dei magazzini perché non c’era modo di poterli seppellire. La livella di Totó? Ecco, in questo caso la morte ha livellato davvero tutti” .
Una vera e propria storiografia, quella del suo libro, che nasce solo in 8 giorni. Un’opera a tiratura nazionale che gode di un successo straordinario.
“La storia del Coronavirus a Bergamo e Brescia” ripercorre i mesi che hanno cambiato la vita di migliaia di persone e cancellato una intera generazione di uomini, donne, nonni e nonne. Bresciani e bergamaschi piangono insieme su migliaia di croci, unico ricordo delle incolpevoli vittime del virus. Un viaggio nell’epicentro della pandemia lombarda, dove il Covid-19 ha mietuto – secondo i dati ufficiali – circa 5 mila morti e contagiato oltre 25 mila persone. Una storia segnata da immagini divenute simbolo della tragedia, come il lungo corteo funebre dei camion militari che, il 18 marzo, hanno trasferito i primi feretri bergamaschi fuori dalla regione per le cremazioni. Il libro, edito da Typimedia, curato dal giornalista Giuseppe Spatola – vice presidente dei cronisti lombardi già al Corriere della Sera, inviato di Bresciaoggi e corrispondete lombardo di Agi – parte dall’abbraccio simbolico tra Bergamo e Brescia, per arrivare a raccontare il miracolo dell’ospedale da campo, costruito dagli Alpini in appena otto giorni.