Prematurità, quando la vita è molto più che un miracolo, ecco a voi Gloria ed Eva

Prematurità, quando la vita è molto più che un miracolo, ecco a voi Gloria ed Eva

Si sogna sempre la genitorialità come qualcosa che arriva quando, dopo un parto magari anche doloroso, nasce un bambino da stringere tra le braccia, da vestire con un body color pastello, da baciare e attaccare al seno, da portare subito a casa. Quando invece, come è accaduto a Carmen Ferla e Alessandro Ruta, arriva un parto gemellare prematuro, questo sogno si frantuma in un attimo, giusto il tempo in cui le bimbe escono con un cesareo dalla pancia della madre; una madre e un padre già consapevoli, dopo mesi di dramma, che le loro bimbe avrebbero potuto non farcela.
La più piccola, Eva -racconta mamma Carmen- quando è nata, era praticamente morta”.

“È stato un miracolo”, diciamo a Carmen.  “No -risponde deciso papà Alessandro-, è stato molto più di un miracolo”.
Le piccole Gloria e Eva Ruta sono nate il 4 marzo del 2021, rispettivamente del peso di 900 e 600 grammi, alla 27esima settimana di gestazione. Una gravidanza a rischio, quella di Carmen, come ci racconta: “Erano due gemelle in una sola placenta. La dottoressa ci disse che al 99% una delle due non ce l’avrebbe fatta perché non sarebbero riuscite a nutrirsi entrambe. Allora mi consigliò di andare a Palermo e farmi seguire da un ginecologo esperto di queste gravidanze”.
Trasferitasi a Palermo, in una casa in affitto, Carmen si recava a giorni alterni in ospedale per i controlli. L’intera gravidanza è stata drammatica per la coppia di genitori: “Il ginecologo mi disse che se saremmo arrivati alla 25esima settimana, ce l’avrebbero fatta. Ogni giorno che passava per me era un giorno conquistato. Ho avuto anche una minaccia d’aborto, ma alla fine siamo arrivati a 27 settimane. Solo che mi hanno dovuto fare il cesareo d’urgenza perché il battito di una bambina non si sentiva. Quando sono nate, non le ho sentite piangere, i medici urlavano. Non le ho viste” – racconta Carmen con le lacrime agli occhi.
A vederle, dopo due ore, è stato solo papà Alessandro. “I medici mi avevano già detto che al 99% non ce l’avrebbero fatta. Hanno dovuto rianimare più volte la più piccola, Eva, con un massaggio cardiaco. Era nera, non respirava, non c’era battito”.

La vita della piccola Eva è rimasta appesa a un filo per cinque mesi, nel reparto di terapia intensiva neonatale dell’Ospedale Civico di Palermo. Nata senza respiro, senza battito, poi affetta da Nec, l’infezione da candida, l’infezione al sangue, ai polmoni e al cuore; e, del peso di poco più di un chilo, ha dovuto subire un intervento di ileostomia e uno alla retina degli occhi per salvarla dalla cecità. Anche in quel caso, i medici avevano già preannunciato che avrebbe potuto non farcela.
Il 22 maggio era stata addirittura annunciata la sua imminente morte. “Sarà meglio battezzarla” – dicevano i medici ai genitori al telefono. Fu l’ennesimo massaggio cardiaco per la piccola Eva, durato più di 10 minuti e senza buon esito. Ai 20 minuti sarebbe stata dichiarata morta.
“Eva viveva solo grazie a un macchinario” – ci raccontano. “Durante il battesimo, lo stesso 22 maggio, nel momento del segno della croce, il monitor inizia a suonare: aveva di nuovo dato un segnale di respiro autonomo”.

La piccola Eva

Nei mesi di limbo, trascorsi tra l’abitacolo di un’automobile e il reparto di terapia intensiva neonatale, i lunghi viaggi, le notti insonni, le chiamate dei medici che diventano una seconda famiglia, c’è stato l’indescrivibile dramma di una madre e un padre che hanno temuto che la loro piccola non ce l’avrebbe mai fatta, che sarebbe stata solo una meteora su questa terra che avrebbe squarciato di dolore chi la attendeva come il dono più grande della vita.

Mentre la piccola Gloria ha dovuto solo prendere peso, e a maggio era già a casa, Eva per 5 mesi ha lottato tra la vita e la morte.
Ma, adesso, che miracolo che è questa bellissima famiglia!
Per noi è stato un incubo. Spesso quando si parla di prematurità -dice Alessandro- lo si fa con leggerezza, senza conoscere da vicino i rischi, le complicanze dei neonati, le lunghe attese dei genitori, la paura, le sensazioni che si provano dopo aver ricevuto chiamate che non vorresti mai ricevere. La prematurità non è il solo mettere peso, è un argomento – e spesso un dramma, come nel nostro caso- che merita più rispetto, meno leggerezza, più conoscenza”.
Eva oggi è a casa, con mamma e papà, e sta bene.
Davvero, molto più di un miracolo. “È una gran monella” – dice mamma Carmen. Eva e Gloria oggi compiono un anno. Entrambe pimpanti e solari, oltre che bellissime.
E mamma Carmen e papà Alessandro, due rocce.
Perché se Eva ce l’ha fatta è stato soprattutto grazie alla loro continua presenza, alla loro forza, al loro affetto. Si, è così. E ce lo dicono anche loro. Ed è proprio questo il motivo per cui hanno scelto anche di raccontare la loro storia alla nostra redazione. Per sensibilizzare, far conoscere, informare. Ma anche per aiutare chi purtroppo si ritrova a vivere oggi ciò che hanno vissuto loro.

Vedere la tua bambina con quegli aghi, con i sondini respiratori attaccati, dentro un’incubatrice, non è facile” – racconta Carmen-. “Io ho preso Gloria in braccio per la prima volta dopo 35 giorni e Eva dopo 49. Non li puoi toccare, non li puoi abbracciare, non li puoi tenere in braccio né dar loro baci. Li vedi lì, nelle culle accanto a tanti altri neonati come loro, i medici ti dicono che la strada è lunga e in salita, ti metti a parlare con gli altri genitori e ascolti storie drammatiche. Poi torni il giorno dopo in reparto, una culla che ieri era piena, oggi è vuota e conti i bambini che non ce la fanno. Ma vuota, così come la culla, è rimasta per settimane pure la sedia accanto, quella destinata ai genitori, perché non ce la facevano a vedere i loro bambini in quelle condizioni”.
Il “grido” di Carmen e Alessandro, oggi, è proprio rivolto ai genitori: “Non lasciate quelle sedie vuote. I bambini ci sentono, anche dentro un’incubatrice percepiscono la nostra presenza. Eva ci sorrideva quando le parlavamo. I dottori ci hanno detto che la nostra presenza le è servita. Non si è sentita mai abbandonata”.
“Miracoli” a parte però, e crediamo davvero sia stato così, ci sono degli angeli che, prima ancora che medici, sono diventati padri, madri e amici per Carmen, Alessandro, Gloria e Eva.

Gloria ed Eva oggi

Di questi medici ne ricordano nome e cognome, uno ad uno, e sono i due ginecologi, Genny Inclimona e Nicola Chiancano, il primario del Civico, Marcello Vitaliti, i medici Elisa Tranchisia, Giulia Veliani, Maria Paola Re, Elisa Maniscachi, Cinzia Sanfilippo, Carolina Schiaccianoce, Lidia Negrelli e Domenica Mancuso.
È davvero grazie alla loro professionalità e estrema umanità che Eva ce l’ha fatta, che Gloria ha oggi la sua sorella gemella con cui condividere il resto della vita, che mamma e papà Alessandro hanno ritrovato la gioia di essere genitori e la forza di raccontare la loro esperienza. Il loro grido è questo: “Per quanto possa essere difficile, e lo è, non abbandonate i vostri figli nelle incubatrici. La loro forza è l’amore dei genitori”.
Alle piccole Eva e Gloria, a mamma Carmen e papà Alessandro, il nostro grazie per aver condiviso la loro difficile storia. A Eva e Gloria, bimbe forti come l’amore di mamma e papà, il nostro abbraccio e il nostro augurio, colmo di affetto, per il loro primo compleanno.

La famiglia Ruta qualche mese fa

CATEGORIE
TAGS
Share This

COMMENTS

Wordpress (0)
Disqus ( )