“Oggi, e nell’oggi di ogni giorno”, il testo di Maria Virginia Consales contro la violenza sulle donne
“Siamo tutti un po’ colpevoli dei loro lividi, quanto dei loro visi sfregiati dall’acido. Uomini, vi chiedo di ricordarle ogni giorno e temere queste belve che impropriamente loro stesse hanno definito “compagni, mariti, fidanzati”…. Temerli al punto da non imitarli mai.“- Maria Virginia Consales, “Oggi, e nell’oggi di ogni giorno”
In occasione della giornata contro la violenza sulle donne, pubblichiamo una riflessione della giovane Maria Virginia Consales. “Oggi, e nell’oggi di ogni giorno”, un testo così denso di verità e speranze, che vale la pena leggere.
“Mia mamma è sempre stata una grande donna impegnata. Famiglia, lavoro, e per un periodo anche Istituzione.
Io sono sempre stata una bambina curiosa. E lei, non solo per un periodo, mi ha sempre permesso di curiosare nel suo mondo, portandomi con sé ovunque andasse. Le sono grata per questo. E per ogni realtà che con e grazie a lei ho conosciuto.
Sento parlare di violenza sulle donne quasi da quando ne sente parlare lei, da quando lei per prima ha dato voce alle loro grida poco ascoltate. L’argomento non mi è più nuovo. Ogni anno, non me ne scordo mai. E seppur mi auguro e prego che non sia mai mio, da molto ormai lo sento appartenere anche a me.
Credo che appartenga a tutti. Non soltanto alle donne, men che meno alle sole vittime. Credo che ognuno è un po’ colpevole delle loro morti. Per ogni messaggio incompreso, per ogni segnale deviato, per ogni allarme ignorato. E sì, persino per ogni denuncia conclusa con un semplice allontanamento giudiziario.
Siamo tutti un po’ colpevoli dei loro lividi, quanto dei loro visi sfregiati dall’acido.
Colpevoli di una società che vede ancora la donna come una semplice casalinga e madre, non sempre in grado di intraprendere la propria carriera lavorativa. Di una società che di fronte a stupri colpevolizza l’abbigliamento della donna perché “se l’è cercata”. Di una società in cui l’uomo cresce con l’istinto non sempre frenato e calmato di attaccare o difendersi con violenza, mentre alla donna viene insegnata la parola come unica nobile risposta.
Siamo colpevoli del problema a monte, più che a valle. Colpevoli per tutti quegli uomini là fuori che non si sentono altro che inferiori, che non conoscono il rispetto perché a volte non l’hanno ricevuto, o che nelle peggiori delle ipotesi si sentono forti, superiori e possessori del grande dono che è l’amore di una donna.
E infine, permettetemi, siamo colpevoli di una Giustizia ingiusta. Che crede, con tutte le buone intenzioni, di poter risolvere il problema istituendo telefoni rosa, o messaggi in codice come “ordinare una pizza”, non comprendendo che tutti questi messaggi sono ormai stati ben decifrati, e che ogni tentativo di salvezza effettuato in questo modo spesso si trasforma solo in un pericolo ancora più grande, una ulteriore condanna. Esattamente come accaduto nel periodo di lockdown che ci lasciamo da poco alle spalle.
Siamo colpevoli di una Giustizia troppo affamata di prove, al punto da non comprendere quanto la ricerca insistente di queste divori le vere vittime. Prove, perché semplici denunce sembrano non bastare mai. Esattamente come le misure restrittive e i provvedimenti presi non basteranno mai a salvare davvero quelle donne.
E lo sappiamo, lo sappiamo tutti.
Così come sappiamo che il tempo è l’unico alleato che lascia scegliere a noi da quale parte debba schierarsi, e che puntualmente lasciamo schierare dalla parte del nemico….per tutte le volte che con quello perso alla ricerca di prove, non facciamo altro che trovarne sempre di simili: corpi picchiati, violentati, pieni di lividi, visi distrutti, rovinati dall’acido, o come spesso sappiamo, cadaveri
ormai privi di vita.
Oggi è il loro giorno. Il giorno in cui ognuno di noi parla di loro. Eppure è forse l’unico giorno in cui ce ne ricordiamo.
Uomini perdonatemi: tutto questo non è femminismo.
È una denuncia, forte come quella di tutte le donne che possono ancora denunciare e rafforzata da quelle che non possono più farlo. È un grido di paura quanto di supplica. E forse è pure pretesa.
Vi chiedo di ricordarle ogni giorno e temere queste belve che impropriamente loro stesse hanno definito “compagni, mariti, fidanzati”…. Temerli al punto da non imitarli mai.
E a noi donne chiedo di denunciare sempre, scappare lontano il più possibile, renderci conto che un amore non è amore se fa male, se lascia lividi sul corpo e profonde ferite
all’anima.
25 novembre, contro la violenza sulle donne. Oggi, e nell’oggi di ogni giorno”.
Maria Virginia Consales