L’Immacolata Concezione, la tradizione religiosa nella cultura rosolinese

L’Immacolata Concezione, la tradizione religiosa nella cultura rosolinese

Siamo quasi al termine dell’anno liturgico di serie B, il quale sarà seguito dal periodo dell’Avvento che precede il Santo Natale del Signore Gesù. Al centro di questo periodo di Avvento vi è la festività dell’Immacolata Concezione.

Infatti, la parola “Avvento” significa “Venuta”. La grande venuta del Figlio di Dio irrompe nella storia dell’uomo, facendosi anzitutto figlio di una donna di nome Maria. Il Figlio di Dio è dunque il figlio di Maria. In questo modo, Maria diventa la corredentrice nella storia umana. Dio, per salvare l’uomo, si serve di una donna. Questa donna è creata da Dio in maniera singolare, per essere degna di Lui; viene creata senza alcuna macchia di peccato, e per questo la chiamiamo l’Immacolata Concezione.

Interpellata da Bernadette a rivelare la sua identità, Maria risponde: “Io sono l’Immacolata Concezione”. Come figlia, lei diventa madre dei sofferenti, dei bisognosi, degli ultimi, dei peccatori: noi la invochiamo dicendo: “Santa Maria Madre di Dio, prega per noi peccatori”. Basta andare a Lourdes per percepire come Maria sia la madre degli ultimi. Nella liturgia dell’Immacolata, la Chiesa la fa cantare con queste parole: “Esulto e gioisco nel Signore, l’anima mia si allieta nel mio Dio, perché mi ha rivestita di vesti di salvezza, mi ha avvolto con il manto della giustizia, come una sposa adorna di gioielli”.

La chiesa rosolinese ha ben compreso queste verità e nella sua religiosità ha collocato Maria al primo posto. Il popolo si rivolge a lei con queste parole: “Mira (guarda, o Maria) il tuo popolo, bella Signora, il tuo popolo ti onora con giubilo”. Si tramanda che nel cosiddetto castello del principe rosolinese vi fosse la chiesa feudale sotto il patrocinio di San Girolamo, dove si trovava una nicchia con l’altare dell’Immacolata Concezione. Ricomponendo le varie testimonianze, si deduce che a Rosolini vi fosse una chiesa seicentesca, la chiesa del castello, dedicata a San Girolamo, volgarmente chiamata chiesa dell’Immacolata Concezione del principe. Queste notizie sono confermate nelle molteplici visite pastorali dei vescovi a Rosolini, dove si parla della chiesa dell’Immacolata come chiesa filiale della Chiesa Madre, che allora era la chiesa del Crocifisso, la seconda chiesa del villaggio rosolinese. A Rosolini esistevano dunque solo queste due chiese: la Chiesa Madre del Crocifisso e la chiesetta dell’Immacolata attigua al palazzo del principe. Tutto ciò ci fa pensare che la devozione rosolinese all’Immacolata risalga al Seicento (sono molteplici le chiese sparse nel territorio agricolo del villaggio).

Seguono altre storie sulle quali non intendo soffermarmi. Piuttosto, ritengo importante raccontare la devozione dei rosolinesi all’Immacolata, considerata una delle più antiche celebrazioni del nostro popolo, una devozione plurisecolare. Vito Amico nel suo Dizionario Topografico della Sicilia del 1850 scrive: “I rosolinesi venerano fermamente come principale patrona la Madonna Immacolata, sotto i cui auspici di giorno in giorno si accrescono”. Alla festa i fedeli si preparavano con la via pratica dei 12 sabati e con un novenario. Questa grande festa veniva celebrata nella Chiesa Madre, allora la chiesa del Crocifisso.

Quanto fosse viva questa devozione lo deduco anche da un fatto risalente al 1855, che ora intendo narrare. Il vicario foraneo Andrea Lorefice scrisse al vescovo di Noto, Mirone, per comunicargli notizie sui festeggiamenti che si erano tenuti a Rosolini fra il primo e il 4 marzo 1856, per solennizzare la definizione dogmatica dell’Immacolata Concezione avvenuta nel 1854. Scriveva il vicario foraneo al vescovo: “La viva gioia e l’allegria che provò questa popolazione all’annuncio della definizione dogmatica e della festa da celebrarsi in onore non si possono esprimere. Il popolo faceva volontarie offerte perché questa festività fosse risaltata. Il triduo cominciava con il suono delle campane in ogni chiesa all’alba, a mezzogiorno e alla sera, con messa cantata nella nuova chiesa dove confluiva il devoto popolo. Il vespro fu cantato con l’assistenza del clero, con gli applausi e il brio dei fedeli che riempivano la chiesa e tra le melodie degli strumenti musicali, i rulli di tamburi e gli spari di mortaretti. Il mattino della domenica designata per la festa fu preceduto da numerosi grossi mortaretti e dal suono dei sacri bronzi. Nella messa solenne intervenne ogni ceto di persone che con devozione assisteva e ascoltava l’orazione panegirica del quaresimalista sull’Immacolato Concepimento. Tutti i fedeli ebbero piacere nell’uscita del simulacro che si condusse per le strade (senza luci). Il resto del giorno vide corse di giovani con premi e voli di colombe. Infine, l’illuminazione di ogni balcone e finestra di particolari, che si eseguì anche dopo la sera del vespro. Il canto degli inni in onore della Vergine Immacolata, accompagnato da strumenti musicali, l’intronìo dei fulgori e delle ruotine che venivano lanciate in aria da ogni individuo, esprimevano i sentimenti del cuore dei veri credenti, coronando così una fausta ricorrenza”.

Chiudo questo mio narrare con qualche accenno storico sulla costruzione dell’altare dell’Immacolata. Il 28/01/1893 il parroco Sgadari comunicava al vescovo Blandino che una signora intendeva far costruire un altare per un importo approssimativo di lire 1000 come atto di devozione verso l’Immacolata. Il vescovo si compiaceva e autorizzava. Il parroco affidava il lavoro a un certo Placido Privitera di Catania. Questo signore non si comportava bene, chiedeva e otteneva anticipi. Comunque, i lavori dovevano essere consegnati prima della novena dell’Immacolata dello stesso anno. L’altare fu consegnato nel 1895. La signora si chiamava Giliberto Marianna. Tuttavia, guardando l’altare, vediamo una lapide con i seguenti nomi: Salvatore e Vincenzo Giliberto, fratelli, 1895. La costruzione della nicchia si può pensare fosse avvenuta prima del Novecento per opera di Giorgio Assenza. L’autore della statua fu Bagnasco di Palermo. La fattura lignea risale al 1840. Già nel 1855, con ogni probabilità, la statua si trovava nella chiesa nuova dove fra il primo e il 4 marzo del 1856 fu cantata una messa solenne in onore dell’Immacolata nella ricorrenza della proclamazione dogmatica dell’Immacolato Concepimento di Maria.

Chiudo questo mio narrare sull’Immacolata Concezione con questi versi:

Si udì una voce in terra nostra,

voce dolcissima,

voce di tortora e di colomba.

Prendi il volo, bellissima colomba!

Sorgi, affrettati e vieni.

 

Cari amici, buona lettura.

Antonino Odierna

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