La diffamazione a mezzo social: quando la leggerezza di un commento diventa reato

La diffamazione a mezzo social: quando la leggerezza di un commento diventa reato

Con il diffondersi dei social network si è anche esteso l’uso improprio degli stessi e la diffamazione a mezzo facebook ne è un esempio lampante.

Oggi chiunque può potenzialmente comunicare con un considerevole numero di persone attraverso i social network, condivisione e scambio di idee avviene in maniera più fluida ma troppo spesso si incorre in reati di diffamazione per via della grande risonanza che questi mezzi possono avere.

La diffamazione è un reato che trova una disciplina normativa nell’art.595 del codice penale consistente nell’offesa all’altrui reputazione fatta comunicando con più persone. Per potersi configurare la fattispecie di reato in esame, è necessario che la persona offesa non sia presente o che non sia stata in grado di poter percepire l’offesa. La diffamazione è un reato posto a tutela dell’onore in senso oggettivo, poiché ciò che caratterizza tale reato è proprio la condotta finalizzata ad offendere e/o screditare la reputazione altrui. Affinchè si possa delineare la diffamazione, occorre che la persona offesa non sia presente o che non si sia trovata nelle condizioni di poter percepire l’offesa. Si tratta dunque di comunicazioni effettuate con diverse persone, che non fanno altro che ledere la reputazione di una persona assente. La diffamazione è un reato comune, per cui il soggetto attivo (ossia colui il quale diffama) può essere chiunque.

Chiaramente che l’offesa sia comunicata ad un numero esiguo di persona o a molte fa differenza sia per il fatto di avere più soggetti testimoni del fatto stesso ma anche come motivo che aggrava la colpa. Il comma 3 dell’articolo 595 stabilisce la diffamazione aggravata attraverso l’uso del mezzo della stampa e Facebook attualmente è uno dei mezzi stampa più diffusi.

Molte sono le diffamazioni che possono avvenire a mezzo internet: i gruppi Whatsapp, le mailing list, i social forum e tutti i social network.

Le statistiche ci dicono che è in crescita del 4% il rischio di subire episodi di odio e di violenza verbale in rete (bullismo, diffamazione, denigrazione, ecc), si è infatti passati dall’11% del 2017 per arrivare al 14% del 2019.

Tra i social network la diffamazione tramite Facebook è una delle denunce più frequenti sia per l’enorme risonanza che ha il canale di comunicazione sia perché diverse sono le modalità in cui si può verificare.

Su Facebook le azioni si compiono troppo spesso con leggerezza senza pensare alle conseguenze che potrebbero derivare e forti del fatto di essere “nascosti” dietro uno schermo.

Un like ad un post offensivo può assumere un significato diffamatorio come anche un semplice commento fatto con leggerezza.

Come tutelarsi? Si può denunciare una persona per diffamazione presso i Carabinieri, la polizia postale o presentandosi direttamente presso la Procura della Repubblica. La consulenza di un legale in questi casi è vivamente consigliata soprattutto per il supporto probatorio che deve essere allegato all’atto di denuncia.

Le prove di cui bisogna disporre? La trascrizione del post con i riferimenti temporali della data e dell’ora. Di fondamentale importanza, dunque, salvare con un’immagine istantanea dello schermo il post potenzialmente discriminatorio nel momento in cui si visualizza.

I commenti ed il numero di persone che lo hanno visualizzato, per stabilire la risonanza dell’offesa.

L’indirizzo ip Facebook del colpevole, si tratta di un elemento molto importante. Questo sarà fornito direttamente da Facebook e la sua assenza rende inefficace qualsiasi azione legale. Nel caso dei profili falsi la polizia postale e i periti riusciranno a risalire al colpevole soprattutto nei casi di indagini penali.

In questo senso, recentemente Cass. 23 giugno 2021, n. 24579 ha indicato proprio che “la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca “facebook” integra un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595 c.p., comma 3, sotto il profilo dell’offesa arrecata “con qualsiasi altro mezzo di pubblicità” diverso dalla stampa, poiché la condotta in tal modo realizzata è potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato, o comunque quantitativamente apprezzabile, di persone (cfr. Sez. 5, n. 4873 del 14/11/2016, Rv. 269090)” (Cass. 23 giugno 2021, n. 24579 su diffamazione a mezzo facebook).

L’auspicio è che si possa fare un utilizzo appropriato dei mezzi di comunicazione, evitando di porre in essere determinate condotte le quali non fanno altro che ledere la reputazione altrui, raggiungendo un numero di interlocutori particolarmente elevato in modo diretto e celere.

Praticanti Avvocati Marco Lorefice e Valentina Ognibene

(articolo pubblicato nell’edizione cartacea del Corriere Elorino N. 8 del 2021)

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