La bellissima mostra Hyblaea Mater, su Corso Savoia, resterà allestita per tutta l’estate
Non solo per l’evento, ma oltre l’evento.
La mostra d’arte Hyblaea Mater, allestita durante i giorni della Festa della Proloco, lo scorso fine settimana, ha ricevuto tantissimi apprezzamenti tra i rosolinesi, e non solo.
Artisti locali e del comprensorio, grazie alla collaborazione della Proloco, con il suo presidente Salvatore Vizzini e il suo segretario Tiziano Di Stefano, hanno concordato – grazie alla disponibilità dei proprietari del sito – di lasciare allestita la mostra per tutti i fine settimana estivi, per consentire a più persone possibili di “prendersi una pausa”, durante il passìu estivo su Corso Savoia, ammirando le opere d’arte degli artisti nostrani.
Dal venerdì alla domenica, a partire dalle 20, e per tutti i fine settimana estivi, l’ex bar Senia, ospiterà le bellissime opere del fotografo Carmelo Micieli, dello scultore e pittore Daniele Assenza, dello scultore del legno Francesco Gino Cantarella, del pittore Salvo Distefano e del pirografo Jorge Gino Gugliotta.
Perchè Hyblaea Mater?
È il fotografo rosolinese Carmelo Micieli a presentare il tema della mostra.
“Quando i Sicani si spostarono verso l’interno, abbandonando la costa ionica perché minacciati da popoli invasori, – racconta – la natura sugli Iblei era ancora abbastanza integra: i boschi di leccio e di platani orientali erano stati appena intaccati dalle prime popolazioni del neolitico e dell’età del bronzo antico, le quali si erano insediate in prevalenza presso la costa.
A questa migrazione che aveva visto nuove genti, (i Siculi), attraversare lo Stretto, corrisponde il primo insediamento a Pantalica, roccaforte naturale, delimitata dai canyon dell’Alpo e del Calcinara. Fu poi la volta dei Sicani i quali furono spinti sempre più ad ovest, per le frequenti eruzioni dell’etna ed i terremoti, secondo le leggende, ma in realtà per l’azione degli invasori.
Per gli stessi motivi di difesa successivamente furono i Siculi a scegliere il massiccio di Pantalica. Ha inizio così il regno di Hybla, che si protrae per sette secoli.
Hybla, la città sicula governata dagli uomini più valorosi, era una piccola città-stato, che controllava un vasto territorio, dal monte Lauro fino allo Ionio. Viveva di agricoltura, della caccia alla grossa selvaggina rimasta, della pesca alle trote. Parte della popolazione si dedicava all’artigianato, alla lavorazione della ceramica e dei metalli.
Con i Greci inizia un massiccio prelievo di legname ed un maggiore disboscamento. Nelle terre assoggettate da Siracusa, dove lavorano i Siculi fatti schiavi, venivano prodotti grano, olive, vino, frutta, noci, ortaggi, formaggio, miele, prodotti che, insieme alla cacciagione, venivano esportati in Grecia e nel bacino del Mediterraneo.
Segue un periodo di decadenza con i Romani ed i Bizantini. Mentre Siracusa gode di una certa ricchezza tanto da divenire per un breve periodo capitale dell’Impero Romano d’Oriente, l’area montana viene occupata da agricoltori e pastori.
Con l’arrivo degli Arabi, quando si originano Cassano e Buscami e antiche popolazioni si raccolgono a Buntarigah (Pantalica), a Buccheri e a Balansul (Palazzolo), l’agricoltura diventa più razionale. Vengono abitate le campagna, coltivate in modo intensivo e viene sottratto spazio ai boschi.
Con il feudalesimo le comunità si organizzano intorno ai castelli in posizioni difensive. Mancano sugli Iblei delle vere e proprie rocche, con l’eccezione di Buccheri, “la più formidabile fortezza del Val di Noto” (Fazello), di Licodia Eubea, con il castello montano ibleo più conservato e di Mineo. Pertanto i castelli vengono costruiti sui bastioni calcarei (“i cugni”), delimitati da due cave confluenti. E’ il caso del castello di Xurtinu (Sortino), sito tra la Cava del Marchese e la valle del torrente Ciccio. Il paese sito nella valle del Ciccio viene raso al suolo dal terremoto del 1693. Un destino condiviso da tutti i centri della Sicilia sud-orientale.
La ricostruzione vede il territorio uniformarsi sotto i canoni del tempo: il barocco. I paesi conservano splendide testimonianze, nate dal genio di architetti e dalla maestria di artigiani-artisti. Nei paesi vengono tracciate strade tra loro perpendicolari, tuttavia conservano un impianto urbano medievale Palazzolo e Buccheri, oltre a Monterosso, Vizzini, Mineo in altri versanti Iblei.
Ma cosa rimane dei Siculi, della natura ancora selvaggia con cui furono costretti a confrontarsi? Queste domande possono trovare una risposta nella Riserva naturale “Pantalica-Valle dell’Anapo”, ricadente nei territori di Sortino, Cassano e Ferla.
Oggi l’intero territorio degli Iblei ha tutte le caratteristiche di un Parco: il parco degli Iblei. L’estensione del Parco degli Iblei comprende un’area che insiste nelle province di Siracusa, Ragusa ed in una piccola parte della Provincia di Catania. Il territorio, abbastanza omogeneo, è costituito da altopiani calcarei e da cave, entro i quali scorrono acque di fiumi, torrenti, ruscelli naturali. Il Val di Noto è parte integrante e fondamentale del territorio oggetto del Parco. Si tratta di un’area in cui ricadono ben sedici siti di Interesse comunitario, per una superficie complessiva di 27.847 ettari; le riserve naturali sono cinque per una superficie di 4.913 ettari; vi sono inoltre circa 21.000 ettari di boschi demaniali e privati, nove siti archeologici di notevole rilevanza, e qualche decina di siti archeologici di entità minore. I vantaggi che provengono dal Parco non riguardano solo la tutela della biodiversità e del paesaggio, ma hanno anche una portata di tipo economica poiché la logica è quella della fruizione e del sostegno all’agricoltura ecocompatibile. Sull’istituzione del parco non mancano i pareri contrari e le perplessità. Tra le accuse sollevate quella dell’eccessiva estensione, che includerebbe le periferie di molte città limitando in questo modo le possibilità di sviluppo industriale.
Dopo aver percorso le terre Iblee, non si può non chiedersi quale traccia lasciamo, come esseri umani, nei luoghi in cui abitiamo. Così attraverso le immagini e la materia, 5 artisti, (o per meglio definirli: osservatori speciali), ci raccontano questo antico territorio che fu fra le prime colonie greche fondate in Sicilia dai dori.
Nella cultura classica il termine “Ibla”, certamente d’origine preellenica, è solitamente inteso come “luogo fertile”: e ciò, con evidente collegamento al latino uber = mammella, fertilità, terreno o luogo coltivato, considerato che il siculo era affine al latino arcaico. Ibla e termini derivati sono frequenti nella letteratura: fertilità e bellezza del paesaggio, fiori, miele, api e cera, buoi, greggi, pastori, poesia e confronti con Atene e l’Attica sono motivi ricorrenti, fino a costituire un tópos, un luogo comune.
Salvatore Quasimodo non poteva non ricordarsi nelle sue composizioni anche dei suoi monti, dei suoi fiori e del suo miele. In “Che lunga notte” di Dalla Sicilia compresa in Il falso e vero verde, così scrive (vv. 5-8):
Il vento, a corde, dagli Iblei, dai coni
delle Madonie, strappa inni e lamenti
su timpani di grotte antiche come
l’agave e l’occhio del brigante.
Si dice che gl’insegnamenti morali devono essere dolci come il miele ibleo, che può essere anche terapeutico, che il miele ibleo è il migliore del mondo. Per il Foscolo la migliore poesia italiana, quella che “parla caro” alla patria e ai mortali, è quella che attinge alla tradizione classica della Grecia e della Sicilia Greca.
Goethe nel suo citato Viaggio in Italia il 13.IV.1787 sentenziò: hier ist der Schlüssel zu allem. Per lui non si può avere un’idea esatta dell’Italia senza vedere la Sicilia: qui è la chiave di tutto, nell’isola del sole, ombelico delle civiltà mediterranee e terra di grandi contrasti. E il Carducci iniziò la 2^ delle Primavere Elleniche (Dorica), vero e proprio inno alla Sicilia, con versi che a loro volta riecheggiano lo stesso Goethe:
“Sai tu l’isola bella, a le cui rive
Manda il Ionio i fragranti ultimi baci,
Nel cui sereno mar Galatea vive
E su’ monti Aci?”;
Con la mostra “HYBLAEA MATER”, Daniele Assenza, Gino Cantarella, Salvo Distefano, Gino Gugliotta, Carmelo Micieli rendono omaggio al territorio degli Iblei, alla sua storia, alle sue nobili origini, alla madre di tutte le terre, alla terra di tutte le madri”.
Carmelo Micieli