Il Re è morto. Lunga vita ai Re

Il Re è morto. Lunga vita ai Re

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Ognuno nasce e trova intorno a sé millenni di mondo che altri hanno forgiato per lui; un mare di acque a volte calme e altre volte agitate, dove bisogna nuotare se non si vuole colare a fondo. Questo vivere/resistere per qualcuno può essere più facile e per qualcun altro no, ed è una rarità che il semplice moto ondoso porti verso mete serene senza sforzi o errori di sorta. In tal senso che dire di Silvio Berlusconi (S.B.), vero spartiacque della vita economica, politica, sociale e morale italiana? Da vero Uomo di Successo, parafrasando A. Einstein, lo si può anche considerare un Uomo di Valore? Uno statista? “Manna dal cielo” per il sistema Italia dopo la caduta del Muro di Berlino, con la sua “discesa in campo”? Oppure è stato veramente “un delinquente naturale” come ebbe a definirlo la Boccassini? Passato il momento del cordoglio, occorre ora riflettere sull’uomo Berlusconi senza parzialità.

Classe 1936, come tutti sappiamo, S.B. nasce da una famiglia borghese. Mamma casalinga, il papà è dagli anni ’50 prima bancario e poi banchiere (procuratore generale) della Banca Rasini, inglobata nel 1992 dalla Banca Pop. di Lodi. La Rasini degli anni ’70, però, avrà tra i suoi principali clienti i capi mafia Pippo Calò, Totò Riina, Bernardo Provenzano e l’imprenditore S.B. di cui trattasi. Difatti, è proprio in quegli anni che detta banca passerà dai milanesi Rasini ai palermitani Azzaretto (di Misilmeri e amici di G. Andreotti), annoverando nel consiglio d’amministrazione nomi che diverranno anch’essi famosi: come Roberto Calvi (crack del Banco Ambrosiano), Licio Gelli (Loggia massonica deviata P2), Michele Sindona (faccendiere-criminale “dal caffè al cianuro”) e monsignor Paul Marcinkus (crack del Banco Ambrosiano, caso IOR, presunto assassinio di Papa Giovanni P. I e presunto coinvolgimento nella scomparsa di Manuela Orlandi). Pertanto, già nel 1976 lo scrittore-partigiano-giornalista Giorgio Bocca scriverà: «Un certo Berlusconi costruisce Milano 2, cioè mette su un cantiere che costa 500 milioni al giorno. Chi glieli ha dati? Non si sa…»: ed invero erano troppi soldi, anche in relazione ai primi successi immobiliari di S.B. Per cui tre anni dopo, cioè nel 1979, la Guardia di finanza (GdF) condurrà a tal proposito una verifica sull’Edilnord: la società ad accomandita semplice di cui S.B. è solo socio accomandatario (mentre Carlo Rasini è socio accomandante), un aspetto, questo, che consentirà a S.B. di rispondere «Non so niente, l’Edilnord non è mia, sono solo un consulente esterno». Tra l’altro fra i soci accomandanti della “Edilnord sas” vi è anche il commercialista svizzero Carlo Rezzonico, collegato alla provenienza svizzera dei capitali usati attraverso l’International Bank di Zurigo. Salvo Berruti, noto deputato di Forza Italia fino al 2013, che al tempo conduce le indagini per la GdF, da laureato in giurisprudenza lascerà la divisa e l’indagine per diventare l’avvocato difensore di S.B. L’indagine porterà all’arresto di altri personaggi, ma nel 1983 per la Banca Rasini emergerà il ruolo di strumento per il riciclaggio dei soldi della criminalità organizzata. Se ne dedurrebbe, secondo la “Follow the money” – concetto molto amato da G. Falcone – che i “veri eroi lungimiranti” dello sviluppo urbanistico milanese (quel 90% di iceberg sommerso da 500 milioni al giorno) sarebbero stati i nostri “cari” mafiosi/assassini siculi. Ciononostante nel 1977, a soli 41 anni, S.B. viene nominato Cavaliere del Lavoro (per questo verrà chiamato “il Cavaliere”), titolo dal quale si autosospenderà nel 2014 per una condanna ad evasione fiscale: l’unica condanna su oltre trenta processi. Detto ciò, in quali altri “oceani” ha dovuto nuotare S.B.? E in definitiva può essere visto come una persona onesta e laboriosa o, addirittura, come la più grande “lavatrice umana di soldi sporchi di sangue” che l’Italia abbia mai avuto? (e con i quali si è pure arricchito più o meno consapevolmente?) In molti hanno gridato in questi giorni che sarà la Storia a giudicarlo; e allora procediamo per gradi usando quella presente e, soprattutto, quella passata (tanto poco di nuovo, se non nulla, si scoprirà di lui in futuro).

C’è da dire, innanzitutto, che durante la fine della seconda guerra mondiale un S.B. bambino (7 anni) coltivava le patate e mungeva le mucche, mentre il papà era in esilio in Svizzera per sfuggire alla rappresaglia nazista, giusto in seguito allo scioglimento dell’Esercito Italiano a cui questi apparteneva. Perlomeno questo racconta di sé S.B. precisando che il “padre era un antifascista”, anche se non ha mai fatto rientro per unirsi al Corpo Italiano di Liberazione: quei residui dell’esercito italiano che si sono, poi, uniti alla Resistenza (ma il motivo non è noto). Al tempo la Resistenza partigiana (luglio’43-aprile’45), assieme all’avanzata alleata, ci liberò dal nazifascismo collocandoci dalla parte giusta della Storia. Anche l’Italia, quindi, poté avere accesso ai fondi del Piano Marshall; 1204 milioni di dollari solo per noi con i quali ricostruire la nostra nazione. I “boom economici” degli anni ’50 e ’60 ne furono gli effetti e il “triangolo industriale Milano-Genova-Torino” di quegli anni attira nuovamente capitali e manodopera, unitamente alla malavita organizzata. Quest’ultima aveva avuto, così come accadde nello “sbarco dei mille”, un ruolo fondamentale nell’avanzata alleata nell’Italia meridionale. Uomo di riferimento per detta avanzata fu Lucky Luciano, mafioso di origini siciliane detenuto negli USA, che a generali e a uomini della CIA a stelle e strisce affidò alcuni dei suoi “uomini d’onore” come guide, oltre a dispensare le sue personali conoscenze e agganci italici. Questi agganci (uomini d’onore nostrani) ebbero poi riconosciuti posti di rilievo (sociali e politici) nell’Italia meridionale post bellica, tanto per capire il “panorama” di quegli anni. Graziato nel 1946 dai suoi 60 anni di carcere ed estradato dagli USA qui da noi, Lucky Luciano vivrà tra Cuba e l’Italia dove morirà nel ’62 per un infarto, continuando, però, a delinquere e a sfuggire alla giustizia italiana ed internazionale (da cui il nome Lucky). Le risposte che questi dava agli inquirenti che lo indagavano ricordano, almeno incidentalmente, quelle di S.B. alla GdF sopra riportate: “sono solo un consulente” (“le società”, “il carico”, “i container, non sono miei…”). Ciò detto, si potrebbe per caso parlare anche di un “Lucky Berlusconi”, visti i suoi numerosi processi finiti, però, in un nulla di fatto?

Come già scritto, in oltre 30 processi (36 inquisizioni in totale e 32 processi), S.B. ha avuto 11 assoluzioni, 10 procedimenti archiviati, 8 procedimenti prescritti, 2 casi di amnistia e 1 condanna definitiva (quella relativa al caso Mediaset del 2005), per la quale nell’ottobre del 2012 è stato condannato a 4 anni di carcere, con pena accessoria l’interdizione per cinque anni dai pubblici uffici (niente candidabilità e decadenza da cariche eventuali, vedi Legge Severino) e l’interdizione per tre anni a contrattare con la pubblica amministrazione. La mole delle inquisizioni unitamente agli esiti di queste, visto che di galera tradizionale S.B. non ne ha fatta (a differenza dell’amico Dell’Utri), non parlano tanto di mala giustizia nei suoi confronti, semmai di “obbligatorietà dell’azione penale” allorquando s’intravvede la possibilità di un illecito, ma anche di un S.B. che ha tribolato e che gli è andata pure bene. In tal senso, restano molti gli interrogativi in tali ambiti/processi relativi alla possibile azione di corruzione (da parte sua o di qualcuno dei suoi generali/avvocati) nei confronti di test e/o altri imputati che venivano poi condannati (Emilio Fede, Nicole Minetti o Lele Mora sono solo un esempio), funzionando il tutto un po’ come nel gioco degli scacchi, dove i pedoni vengono sacrificati, ma il Re rimane e la partita continua. Dallo scacchiere è poi pure volato via qualche pezzo importante (vedi Gianfranco Fini o Angelino Alfano), ma per mano diretta del Re S.B. Per inciso, sempre parlando di corruzione, l’esigenza di una normativa anticorruzione (L. Severino del 2012 – Governo Monti) scaturì da alcuni studi compiuti dall’UE e dall’OCSE in materia, che stimavano per lo Stato Italiano perdite di 60 miliardi l’anno, pari al 3,8% del Pil, mentre la media UE era dell’1%. La corruzione dunque costa e l’Italia figurava, e figura tuttora, come il terzo paese OCSE più corrotto dopo Grecia e Romania (la prima è pure fallita), da cui si origina pure uno spread BTP/BUND molto alto.

E tuttavia, ritornando ancora sui soldi del Piano Marshall (follow the money), quando qualcuno ti dà qualcosa non è mai gratis. De Gasperi (Democrazia Cristiana), Togliatti (Partito Comunista) e molti altri tutti assieme costruivano nel ’46 la Repubblica, dando seguito alla Costituzione Italiana: ma il patto tacito Italia-USA per quei 1204 milioni era “mai Governi italiani con i comunisti”. Soldi sì con conseguenti scambi commerciali obbligatori, atlantismo sì, comunisti no (questi erano gli accordi, o meglio gli ordini). La cosiddetta “Prima Repubblica”, in pratica, era nata all’insegna della “guerra fredda”. Ed eccolo il marasma in cui è cresciuto e si è formato S.B., suo malgrado: una Repubblica mai nata sana ed in salute, poi divenuta pure tossica. Difatti, a testimonianza di questa tossicità, abbiamo avuto un Enrico Mattei fondatore dell’ENI assassinato nel 1962, perché alla ricerca di una politica energetica italiana indipendente, di cui oggi si ritiene fondatamente che uomini della mafia sabotarono il suo aereo personale su direttive della CIA; assassinio peraltro collegato a quello del giornalista Mauro de Mauro e probabilmente a quello di Pasolini. Abbiamo pure avuto l’assassinio di Aldo Moro, fautore del “compromesso storico” (tentativo di primo Governo italiano assieme ai comunisti per una riappacificazione nazionale), ucciso nel ’78 a oltre 30 anni del Piano Marshall per mano delle Brigate Rosse, sulle quali si sospettano a tutt’oggi infiltrazioni di terroristi di destra e dei servizi segreti deviati, sempre su base CIA: tant’è vero che un Francesco Cossiga di quegli anni (poi Presidente della Repubblica) chiamerà Henry Kissinger per capire cosa fare con Moro. La direttiva di Kissinger fu: “non poteva essere liberato” (cioè doveva morire), nonostante da una famosa seduta spiritica fosse venuto preventivamente fuori il nome “Gradoli” (per chi ricorda i fatti), ovvero la strada romana del covo dov’era al momento imprigionato Moro. Alla seduta partecipava anche un Romano Prodi al tempo Ministro dell’Industria per la DC, più volte presidente dell’IRI (l’Istituto di Ricostruzione Industriale). Dagli anni ’40 agli anni ’90, in pratica, abbiamo avuto oltre quarant’anni di assassinii (“anni di piombo”) e di stragi (da Portella della Ginestra del ‘47, ai vari Piazza Fontana, Stazione di Bologna, ecc., comprese quelle Falcone-Borsellino), ovvero “anni di bombe” che tutti conosciamo, per non parlare di tre falliti Golpe (1964, 1970 e 1974). Dov’era dunque la Repubblica e dov’era la Democrazia? Nel 1958 un giovane politico (Aldo Moro) introduceva a scuola l’insegnamento dell’Educazione Civica, ma S.B. aveva già superato le cosiddette “scuole dell’obbligo” (che sfortuna). Poi, chiunque dei lettori voglia frugare fra i libri dei propri genitori, tra l’altro, scoprirà che il libro di Educazione Civica (per chi aveva avuto la fortuna di essere in obbligo scolastico negli anni a venire al ‘58) è immacolato. Perfetto. Mai usato (che spreco). Pertanto, cosa vogliamo che ne capisse S.B. di Poteri dello Stato e della loro importanza. Certo avrà saputo del sacrificio di quanti hanno dato la vita per la Repubblica e la Democrazia; per le buone regole, per farlo stare bene e affinché certi obbrobri non accadessero più, ma lui amava cantare. Che dire: canta che ti passa e che ti scordi la qualunque?

Fortunatamente nell’86, quando S.B. era già un 50enne, il fallimento del progetto di “scudo stellare” made in USA fece sì che nessuna grande potenza potesse essere immune dalla distruzione totale dovuta alle atomiche; il che portò alla caduta del Muro di Berlino già nell’89. Regan chiama Gorbaciov nell’87, della serie “che facciamo? la corsa agli armamenti impoverisce tutti…”, e anni di “strategia della tensione” e di morti ammazzati di cui l’Europa soffriva, Italia compresa, vanno a finire o, perlomeno, ad attenuarsi. Da qui Giornalismo e Magistratura italiani acquistano coraggio e, pressato da prime indiscrezioni giornalistiche, Andreotti nel 1990 è costretto a mettere a conoscenza il Parlamento di “Gladio” (1956-1990): una struttura paramilitare a finanziamento USA contro l’avvento del comunismo in Italia. Più tardi si scoprirà anche dell’esistenza di un’analoga “Gladio rossa” (1945-1967) di matrice russa (ma chiusa più di 20 anni prima di Gladio), mentre tutti eravamo convinti che in Italia il popolo fosse sovrano e invece nulla sapeva.  Anche la magistratura, così, inizierà ad avere i suoi primi sussulti: pertanto nel ’91 e nel ‘92 nascono “Mani-pulite” e “Tangentopoli” in seno alla Procura di Milano, dove a spiccare fra la cotanta e diffusa corruzione sarà il “finanziamento illecito dei partiti”. Il “lancio di monetine” del ’93 al Bettino nazionale lo vedrà sì riparare ad Hammamet già nel ’94 (in auto-esilio), ma non prima di aver chiesto “all’amico fraterno” S.B., accompagnato ad Arcore da Dell’Utri, di “scendere in campo”.

Craxi si mostrerà perplesso per quelle monetine, dichiarando che “certe cose esistevano fin da quando lui portava i calzoni corti”, salvo scordarsi che qualora si ricoprano certi posti di potere, magari, si ha anche il potere di cambiarseli ogni tanto i calzoni (cioè di mutare le “cose”, giusto per “puzzare” meno): deve però interessarti o essere possibile. Invero non era ancora possibile o facile, anche perché il PCI incamerava rubli russi (finanziamenti illeciti) con i quali propagandarsi (nonostante Gladio-rossa non ci fosse più da 25 anni circa). In pratica, chi doveva risolvere detto problema (la Politica) era essa stessa il problema. E a ogni modo Craxi respinge fino all’ultimo l’accusa di corruzione, mentre ammette di essere a conoscenza del fatto che il Partito Socialista avesse accettato finanziamenti illeciti, affermando che per decenni tutti i partiti si fossero finanziati illegalmente. Per cui viene ora da chiedersi se S.B., per caso, era pure lui uno di questi finanziatori, se non il maggiore. Le televisioni e le relative licenze le aveva già ottenute lasciando altri a bocca asciutta, ma… perché era più bravo o perché aveva più soldi? (e sporchi di sangue?) Pertanto, a dicembre 1992 una valanga di avvisi di garanzia cade sulle teste dei principali leader politici nazionali. Craxi ne ricevette una ventina e si presentò alla Camera il 29 aprile 1993 per l’ultima volta, nel giorno del giuramento del nuovo governo Ciampi (si prega il lettore di ricordare questa corrispondenza).

Secondo quanto poi dichiarato dai figli, Craxi nutriva la convinzione che i giudici di Mani-pulite fossero stati manipolati da ex comunisti e da settori del governo degli Stati Uniti, che volevano un cambio di regime politico già dopo la crisi di Sigonella del 1985 (caso Achille Lauro-Abu Abbas), poiché, anche se non antiamericano, consideravano Craxi “troppo indipendente”. In tal senso viene da pensare anche a Tripoli 1986, cioè alla cosiddetta operazione “El Dorado Canyon” per il bombardamento di Tripoli e l’uccisione di Gheddafi (in seguito all’attentato libico a Berlino Ovest contro militari dello “Zio-Sam”: due settimane prima, però, 35 marinai libici erano stati uccisi in uno scontro navale USA-Libia). In quell’occasione Bettino Craxi avvertì Gheddafi dell’imminente bombardamento (destabilizzare Gheddafi significava compromettere i contratti Italia-Libia), permettendogli di mettersi in salvo. Gheddafi accusò poi gli USA di arroganza e delirio d’onnipotenza, e di ambire al ruolo di “gendarme del mondo”. Ciò detto, anche per avere un elemento di paragone, Bettino Craxi fu un vero statista: tutelò gli interessi italiani senza riserve assumendo numerosi incarichi politici internazionali di rilievo, e riformò nei decenni il PSI secondo canoni di modernità. Seppur sconvolto dal turbinio di quegli anni ‘90, non fu mai trovato un suo tesoretto personale.

Parallelamente a questo contesto, ma al fianco della povera gente che non ne poteva più, vi erano poi i giudici Falcone e Borsellino: altra testa d’ariete a favore dei numerosi cambiamenti contro corruzione e segreti di Stato già dal 1986, anno di avvio del maxiprocesso contro la Mafia per i crimini di omicidio, traffico di stupefacenti, estorsione, associazione mafiosa e altri reati minori (ovviamente rispetto alle Stragi di Stato). I due giudici, più o meno consapevolmente (“guerra fredda” o meno), iniziarono a togliere un bel po’ di manovalanza ai settori deviati dello Stato, mettendo in galera centinaia di mafiosi o presunti tali. “Cosa nostra” reagisce continuando ad uccidere selettivamente funzionari e uomini onesti dello Stato per ritardare il processo, ma non riuscì ad evitare le condanne finali del gennaio ’92. Falcone, infatti, era riuscito a tenere lontano anche Corrado Carnevale, soprannominato dai giornali “il giudice ammazzasentenze” per le numerose sentenze d’appello e provvedimenti (circa 500 – dall’associazione mafiosa al terrorismo) da lui annullate. Pertanto, a marzo’92 la Mafia uccide Salvo Lima, politico palermitano di area Andreottiana, e nel maggio dello stesso anno uccide Falcone e due mesi dopo Borsellino. La Strage di Capaci, dove Falcone e altri vengono assassinati, ebbe una logistica militare specialistica, segno di una Mafia collusa con i settori deviati dello Stato italiano e del terrorismo nero militarista (di cui sono stati dimostrati dei collegamenti). Totò Riina, che si vantò in galera di aver fatto fare a Falcone la fine del tonno, non si rendeva conto di aver fatto la fine del sorcio. Sarà arrestato nel gennaio del ’93 nell’operazione “Belva” e, nei mesi/anni a seguire, lamenterà che il “vero problema della nostra nazione sono i comunisti”, richiedendo la revisione del “carcere duro”. Invero, parlando di comunisti, tirava in ballo vecchie alleanze con i settori deviati dello Stato e strizzava l’occhio ai nuovi Governi Berlusconi.

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Infatti, come è noto, il 3 gennaio ’94 S.B. rilasciava la sua prima intervista facendo presagire di una sua discesa in campo. Il suo grande tormentone fu da subito «la lotta al cartello PDS-PCI»: così S.B. chiamava quanto derivato dal vecchio Partito Comunista, che aveva mantenuto un Bertinotti leader in Rifondazione Comunista e originato il nuovo Partito Democratico della Sinistra di Occhetto. Detto cartello, secondo S.B., «avrebbe portato miseria e povertà», propagandata poi a furore d’immagini di gente povera e disagiata dalle maggiori sue televisioni, una volta sceso in campo. L’altro tormentone di S.B. fu la «lotta alle tasse», mentre di lotta alla corruzione non se ne parlava neanche. Come è noto, scenderà in campo il 26 gennaio ’94 con il suo famoso e ultra-imitato video messaggio, vincendo le elezioni in soli due mesi. Allo scopo si era impegnato per 14 miliardi di vecchie lire (il massimo consentito dalla legge e mai visto in precedenza), ottenendo i club Forza Italia, un logo, un programma e un inno da cantare (così ti passa). Il Lobbismo finanziatore occulto della Politica era diventato la Politica? Che dire: immaginando un corpo umano in salute, se il cervello (la Politica) fa il suo onesto lavoro da una parte e lo stomaco (il Lobbismo) fa il suo dall’altra, il corpo resta in salute (e i mercati e la libera concorrenza anche, avendo meno bisogno di soldi sporchi). Che il Lobbismo, ora, fosse divenuto la Politica, in quel ’94 era un po’ come se il cervello di un qualunque vivente fosse precipitato nello stomaco (o viceversa), per essere lì fagocitato. E del resto è quello che accade anche negli Stati Uniti d’America, più o meno, dove tra un po’ le pistole verranno vendute nei supermercati accanto al reparto banane (l’importante è non colorarle di giallo). E tuttavia, per caso, con S.B. avevamo adesso un lobbismo tutto italico in grado di reagire meglio, e più rapidamente, agli attacchi economici esterni da parte di lobbie sovranazionali? La struttura politica precedente, quella del Pentapartito (Craxi a parte), era poco reattiva alle pressioni che l’Italia subiva, mentre quella nascente sarebbe stata più efficace?

In tanti oggi elogiano S.B. per aver portato il Bipolarismo, ma non è che gli piacesse poi troppo l’Alternanza per uno abituato a vincere, e che fosse in stato di emergenza con la giustizia. Ed ha poi veramente vinto questo deus ex machina di un S.B.? Una prima risposta, effettiva, possono darla i numeri: difatti, dalla sua discesa in campo ad oggi (2 luglio 2023 – Governo Meloni) si sono avuti 7 governi di centro-destra e 11 di centro-sinistra, per 4376 giorni del primo (44,5%) e 5904 del secondo (55,5%). Quindi in termini esclusivi di tempo, quasi 30 anni, S.B. e il suo entourage hanno governato un po’ di meno (le percentuali sarebbero identiche non considerando le complessità del Governo Renzi). E che dire, ancora, del consenso in termini di voti sonanti ricevuti da S.B.? Corrispondono a quanto propagandato dal “tifo politico-mediatico” di parte? Dai suoi sordi, con valori oscillanti dal 20 al 30% delle preferenze tra nazionali ed europee, Forza Italia va oggi dal 6 all’8%: il che fa capire anche perché, nella retorica politica di questi giorni, sono stati pure importanti gli scudetti del Milan: fanno numero anch’essi, quando i numeri veri non ci sono più, camuffando un declino politico evidente. Causa di questo declino, però, sono stati i gravi errori personali dell’uomo S.B., imbarazzanti e scivolosi allorquando si costruisce un partito sul culto della personalità del suo leader, come si faceva un tempo con le dittature. E quali sono stati questi errori, anche minori ma significativi? Beh, sicuramente quelli relativi ai fatti sulla caduta del Governo Prodi (2006-2008) con un senatore De Gregorio che si era dichiarato corrotto da parte di S.B. a mezzo di tre milioni di euro, richiedendone il resto. Il relativo processo poi finì in prescrizione (magari grazie al “Salva-Previti” che riduceva i tempi di prescrizione), ma che i soldi fossero stati dati, e che S.B. nulla avesse fatto contro la corruzione nei suoi anni di governo, era risaputo. Anzi, l’esordio al governo di S.B. nel ’94 fu proprio col Decreto Biondi, giusto per fermare Mani-pulite: altro tentativo di “colpo di spugna” dopo il Decreto Conso (quest’ultimo stoppato dal Presidente Oscar Luigi Scalfaro al grido di «Io non ci sto…»). Il Decreto Biondi di S.B. &C., invece, passa sì al Governo, con conseguente e forse inaspettata scarcerazione dei rinomati De Lorenzo e Poggiolini (scandalo maxi-truffa sanità del sangue infetto), ed il popolo insorge anche perché se li vede in fila alle Poste nel ritirare la pensione anticipata, rischiandosi il linciaggio. Pertanto (dopo aver tentato di dare la colpa ai giudici per dette scarcerazioni, che hanno solo dovuto applicare per forza di cose il decreto Biondi), nel luglio ’94 detto decreto è opportunamente bocciato in Parlamento dagli stessi suoi fautori (il centro-destra). Ed ecco perché dal punto di vista della lotta alla corruzione S.B. non ispirerà mai più fiducia al popolo più attento (poi, però, ci sono pure i tifosi). Anzi, uomini noti come Mike Bongiorno e Vittorio Feltri, ad esempio, raccontando della di lui generosità, invero hanno sempre detto tutt’altro (che nei fatti era un corruttore) aumentando buona parte del malumore popolare nei di lui confronti. Feltri, in particolare, come anche nelle interviste di questi giorni, ha sempre raccontato negli anni un aneddoto inquietante (per lui fantastico), della serie: «Raddoppiai le copie del Giornale e Berlusconi mi cedette il 7% dell’azienda, mi ha fatto diventare ricco… Il 7% dell’azienda comprendeva il palazzo dove c’è la redazione, in via Negri. Da quel giorno, non aspettai che di incassare la liquidazione. Con quei soldi ho anche comprato casa a tutti e quattro i miei figli». Un mantra, in questi anni. In pratica, tralasciando i particolari noti dell’inchiesta “Affittopoli” condotta dal Giornale, con la quale Feltri quella volta aumentò le vendite e penalizzò, giustamente, alti esponenti del centro-sinistra, sempre per esempio, mentre un insegnante sa che non può accettare regali da parte delle famiglie dei suoi studenti per importi superiori alle 150 euro complessivi, probabilmente Feltri non ha mai sospettato che con quel 7% fosse stata pagata un’inchiesta e comprata anche la sua anima di giornalista, se mai ne abbia avuta una. Durante il caso Ruby, addirittura, Feltri difenderà S.B. nella trasmissione “Porta a Porta” sostenendo che il reato sessuale non poteva essere stato consumato, soffrendo S.B. di prostrata. Questo era il grande giornalismo di quegli anni, con aumento di vendite e audience da tutte le parti (oltre alle risate internazionali e al conseguente aumento dello spread). Nel 2020 il Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia ha richiesto le dimissioni a Feltri, che le ha rassegnate il 25 giugno dello stesso anno, dopo l’accumulo di numerose denunce.

Ricordando invece del caso Ruby e delle “olgettine”, sempre per rimanere in tema del calo di voti per F.I. e non per fare i puritani (e nemmeno per indossare magliette della serie “siamo tutte puttane”, come Santanché e Ferrara), correva l’anno 2010: gli italiani affrontavano già due anni di crisi economica a matrice USA, scoppiata lì nel 2008 e arrivata in Europa. La vita inizia ad essere dura per tutti e per anni si sono subiti il congelamento dei salari, l’aumento delle imposte, i tagli alle pensioni, la riduzione della spesa pubblica, il fallimento delle imprese e la disoccupazione, con forti difficoltà nelle finanze familiari. Pure i suicidi aumentano. Ciononostante, nell’aprile 2009 scoppia il “Caso Noemi” (“Papi Silvio” alle feste dei minorenni). Veronica Lario, moglie di S.B., rende noti i problemi del marito («è malato») e lo lascia dicendoci, in pratica, che la loro era una storia senza speranza. Difatti scoppia anche il “caso escort Daddario” a luglio dello stesso anno e il lavoro del team pro-Berlusconi (giornali-televisioni-lacchè-avvocati) è sempre più duro nel cercare, in tutti i modi, di dargli ancora un’immagine di rispettabilità pubblica. Purtroppo per questi a ottobre 2009 ci penserà ancora S.B. a farla grossa, invalidando il loro duro lavoro: con un’Italia che gli dà del sessista-puttaniere (e un’altra che lo considerava gagliardo), offenderà Rosy Bindi in diretta TV a “Porta a Porta”, con la battutaccia di «Rosy Bindi: più bella che intelligente», confermando così i malumori popolari e dimostrando, se non una scarsa lucidità e/o intelligenza anche momentanea, di sicuro un bassissimo autocontrollo (magari dovuto all’età, chi lo sa?). Eppure l’argomento della serata era tutto politico: ovvero “l’operato del Capo dello Stato in seno al Lodo Alfano”. Anche i toni erano pacati e le domande della Bindi fondate. Purtroppo il “lodo Alfano” parlava di processi in modo sensibile alle vicissitudini di S.B., e le auto-martellate ai propri genitali politici, per il “poco-cavaliere” S.B., non finirono lì. Nel 2010 scoppierà anche il caso Ruby e caccerà Fini (non voleva abbassare ancora i tempi della prescrizione nei processi) ma, cosa peggiore, bacerà la mano di Gheddafi ospite in Italia con la sua tenda, facendoci ancora vergognare. Stavolta, però, a vergognarsi sono tutti: anche quella parte di popolo che lo trovava gagliardo. Eh sì, perché l’Italia gagliarda questa volta, giocoforza, ti etichetta un “Re” che bacia la mano di un altro “Re” come un “Re senza attributi”. Minorenni o non minorenni ad Arcore, sciupafemmine o meno, il popolino mantenuto tale, poi, ti ragiona così: inizia ad odiare “un sovrano senza palle”, a maggior ragione se è il suo sovrano. Gli altri capi di Stato, invece, se la ridono: vedi Merkel-Sarkozy ottobre 2011 e lo spread, aumentando sempre di più, ci porta nel 2012 al Governo Monti. Inoltre, le associazioni delle famiglie non vedono più un S.B. che tutela la Famiglia come da programma elettorale: si lascia con la moglie e gli piacciono pure i festini, parla di libertà, ma intende il libertinaggio. Niente voti. Le associazioni in lotta contro la prostituzione, poi, impegnate a togliere le ragazze dalla strada, vedono invece un S.B. che, molto creativamente, le toglie lui dalla strada ma solo per portarsele a casa propria. Niente voti (Don Oreste Benzi si rivolterebbe nella tomba). E così via. Ecco come accade che il consenso di F.I. inizia veramente a crollare. I valori tradizionali del centro-destra, in pratica, erano stati traditi da quel S.B. poco lucido, degenerato, alla deriva. Pertanto, ritornando su Einstein e all’Uomo di successo in confronto all’Uomo di valore, per quel S.B. che aveva abbandonato i valori del centro-destra la seconda tipologia veniva meno. Per fortuna rimanevano i valori dello spirito di gruppo (difatti era nato il PDL – Polo delle Libertà), i valori dell’amicizia fraterna e così via, ma cacciato Fini in diretta TV (che se ne va con altri 34 membri, tra cui Giulia Bongiorno), anche La Russa &C. si staccheranno pian piano dal PDL, che verrà sciolto nel novembre 2013, e nasceranno Fratelli d’Italia (di La Russa-Meloni) con l’NCD (Nuovo Centro Destra) di Angelino Alfano. Il lavoro del carismatico accentratore era crollato.

Il 4 dicembre 2013, tardivamente, la Corte Costituzionale dichiarerà il “Porcellum” incostituzionale: l’altro vero strumento della “pazzia o deriva” di S.B. Infatti, PDL e Porcellum avevano concentrato tutto in mano al “sovrano” che, da capo del PDL nel 2009, era divenuto il vero decisore delle “liste bloccate” istituite, appunto, col porcellum (voluto solo dal centro-destra tutto, e denominato tale dal suo stesso firmatario Calderoli, riconoscendo, appunto, ch’era stato una vera “porcata”). Era dunque S.B. a decidere chi poteva o no candidarsi in ogni lista (anche perché pagava le spese residue dei club): la Minetti, ad esempio, l’ha voluta solo lui in Consiglio Regionale, e contro tutti. Detta idea delle liste bloccate, in pratica, nata con l’idea dichiarata di eliminare i capicorrente in odore di mafia all’interno dei singoli partiti, è opinione dello scrivente che, invero, fosse nata per avere in mano, un giorno, chi avrebbe dovuto votare in Parlamento l’immunità o meno di S.B., visti i numerosi processi che andavano al termine. Alla fine, però, tutto servirà a rendere parlamentari e senatori, che non fossero dei capi partito (e il PDL non aveva più di partiti), dei semplici “eunuchi politici”. Ciononostante, sciolto il PDL e divenuto incostituzionale il Porcellum, nel 2014 anche Angelino Alfano sarà fatto fuori dall’Ugolino S.B. per fatti politici dovuti anche ad un Renzi il “rottamatore” che, con il Patto del Nazareno, sembrava più il Renzi del “riciclo e riuso”. Renzi, per la “spallata a Letta”, aveva risuscitato politicamente un Berlusconi ch’era in quel tempo divenuto incandidabile. In futuro, come sappiamo, Renzi rottamerà anche se stesso. Così, Berlusconismo, Renzismo e Grillismo si susseguiranno fino ad oggi, gridandosi a prime, seconde e terze repubbliche, seppur gli indici OCSE della corruzione in Italia sono i medesimi.

“Disturbo Istrionico della Personalità”. Già, quante volte dai media si è sentito parlare di personalità istrionica di S.B. Egli stesso, intervistato sui suoi baciamano al dittatore Gheddafi, si è pure definito “un guascone” (del resto qualcosa doveva rispondere). Ma era un disturbato S.B., così come da manuale dei disturbi mentali? E tuttavia il bello di questa domanda è che la risposta non è determinante per un giudizio salvifico o meno sull’uomo S.B., quando le sorti di una nazione democratica mai dovrebbero caricarsi, nemmeno per finta, su un singolo uomo. Poi è stato anche vero che qualcuno, qui in Italia, avrebbe voluto riportare in auge pure i Savoia; ma voler creare con S.B. la caricatura del ducetto, addirittura? Fatto sta che Berlusconi non ha colpa alcuna, esclusiva, che vada oltre la sua sfera vitale e personale, e che intacchi le nostre vite più di tanto. Quello che S.B. ha fatto, l’ha fatto perché è stato permesso da chi vi era accanto per opportunità propria (chi si è opposto l’ha pagata in solitudine, Fini/Alfano ad esempio, ma per opportunità dei molti che restavano). Poi, però, non è neanche troppo chiaro quanto il sovrano S.B. abbia creato altri sudditi inebetiti, o se sono stati i sudditi esistenti (un tipo di popolo con la mentalità del suddito anziché del cittadino) a creare il nuovo sovrano, poi inebetitosi. Da qui, addirittura, che qualcuno in S.B. ci abbia visto pure l’anticristo costituzionale, visto che per la Costituzione il sovrano doveva essere il popolo e quelli dell’Apocalisse erano pure loro cavalieri… insomma ce ne vuole. In definitiva, si sa anche che l’età può portare ai suoi decadimenti (fisici e psichici), per cui pungolare-approfittare-lasciar fare a chi non era più troppo in grado (anche solo momentaneamente), non è stato onesto né degno di chi si professa amico-collega-partner politico.

Precisato ciò, quella di S.B., tuttavia, è stata una mentalità vecchia e non più al passo con i tempi già dai primi anni del nuovo millennio. Il suo “io-io-io…” patologico (“io ho fatto”, “io sono”, “io…”), che un tempo s’insegnava ai bambini in certi ambienti familiari snob per rafforzarne la personalità (e del quale si è poi scoperto che a poco serve ai veri leader), lo conferma. Gli insegnamenti moderni sulla perfetta leadership con S.B., difatti, non c’entrano nulla: e gli scappati/saltati in aria da F.I., oltre al fallimento dello stesso, lo confermano. Che poi S.B. attirasse tanto le masse e avesse carisma, tale da essere ammirato e amato da molti come una Popstar, non è un mistero. Anzi, il perché di questo amore-affetto popolare è semplice: S.B. incarnava la prova provata che in questa Italia, con un’intelligenza discreta e una cultura insufficiente si può essere lo stesso fra i più ricchi della nazione. Questo piaceva, e non è che fosse colpa sua (di S.B.). Solo uno è stato il suo errore significativo: l’unico, il più grande, il suo vero peccato originale, accompagnato dai suoi molti collaboratori-vassalli-valvassori-valvassini del suo partito-feudo. Per capirlo, però, bisognerà ancora una volta “seguire i soldi”.

Righe addietro, infatti, si pregava il lettore di ricordare la data del 29 aprile 1993, allorquando Craxi ci degnava del suo ultimo “canto del Cigno” e Ciampi giurava fedeltà al Governo e alla Repubblica. Ma che ci faceva Carlo Azeglio Ciampi al governo, da governatore della Banca d’Italia? Se Banca uguale Soldi, allora seguiamo veramente i soldi, più le vicende di un altro personaggio usato (molto probabilmente) dai governi USA come arma: “l’arma dei soldi”, appunto. E praticamente in quel 1992 di sconvolgimenti, prima sociali e poi politici (le stragi Falcone-Borsellino erano già state compiute), la lira aveva anche subito un attacco lobbista-speculativo da parte di un certo George Soros, finanziere americano con al suo attivo un patrimonio personale di oltre 7 miliardi di dollari (oggi, ma è stato anche sui 25 miliardi), che iniziò in quel ’92 a vendere molte lire comprando dollari, costringendo a sua volta la Banca d’Italia a vendere 48 miliardi di dollari di riserve, giusto per sostenere il cambio nei mercati. In questo modo Soros portò la lira ad una svalutazione tecnica di fatto del 30% (secondo il metodo della “leva finanziaria”), con conseguente indebolimento di tutto il mercato unico europeo: mentre lui guadagnò “solo” un altro miliardo di dollari circa. La Lira (cioè gli italiani) dovette uscire dal Sistema Monetario Europeo SME, che era tenuto e uniformato dall’ECU (moneta precursore dell’Euro), e d’un tratto eravamo tutti molto più poveri. Così, in un primo momento, per ovviare agli effetti di detta svalutazione, il governo Amato del 1992 fu costretto, nella notte tra il 9 e il 10 luglio, ad ordire un prelievo forzoso del 6 per mille su tutti i nostri depositi bancari, tramite un decreto d’emergenza (DL 11/07/92 n.333, art.7 – comma 6), che prevedeva anche una serie di altre misure per aumentare gli introiti dello Stato. Ciononostante, le manovre adoperate portarono ugualmente l’economia italiana sull’orlo della recessione e nel 1993 al governo fu chiamato l’abile Ciampi, affinché fosse lui a traghettare l’Italia fuori dalla crisi in modo sistematico. Al popolo fu lasciato credere, però, che detta recessione fosse dovuta alle inchieste di Mani-pulite, come se queste avessero bloccato gli affari in Italia in modo rovinoso. In tanti questo ricordano (i non addetti ai lavori) e tanto si trova in alcune biografie di Ciampi, compresa quella su wikipedia. A ogni modo, per ovviare alla recessione, Ciampi istituiva l’ICI sulla casa, più altre svariate misure che andavano dall’aumento dell’età pensionabile alla patrimoniale sulle imprese, come anche dalla minimum-tax all’introduzione dei ticket sanitari, come pure dalla tassa sul medico di famiglia all’imposta straordinaria sugli immobili (portata al 3 per mille della rendita catastale rivalutata), eccetera. Nessun assassino di Stato italiano, in un’era dove gli assassini di Stato operavano da un continente all’altro senza problemi (a Woytila aveva sparato nell’81), pensò di fare fuori Soros, il quale non avrebbe mai condotto una operazione del genere senza l’avallo (o meglio senza l’ordine) del proprio governo: gli USA (o anche solo della CIA). Forse un pensiero complottista questo, ma come sappiamo quell’Italia del ’92 agli USA non garbava tanto. Invero quel continente europeo, che aveva già ratificato il “trattato di Maastricht” formando un mercato più stabile e indipendente dagli USA (che però sarebbe entrato in funzione nel novembre 1993 – l’anno dopo), non piaceva: per cui siamo stati attaccati come europei a partire dall’Italia, la più debole in quel momento, subendo noi più danni economici degli altri paesi. Un mercato europeo forte, in pratica, nella sfida con i mercati euroasiatici, svantaggiava lo “Zio Sam”: L’Europa, che doveva essere grata in eterno agli USA per i tanti soldini del P. Marshall ricevuti (12731 milioni di dollari), doveva pagare una sorta di dura buona-uscita. E che ti fa dunque Berlusconi nel gennaio 1994 (dopo le vicende del ’92-’93) con la sua “discesa in campo”? Al posto di tutelare gli interessi italiani e europei dalle speculazioni internazionali, dopo la gran sberla di Soros ti “uccide” per una seconda volta Aldo Moro giurando lotta eterna al “cartello comunista”. Era questi per lui il nemico; alla faccia del compromesso storico e all’esigenza di liberarsi dalla morsa economica (e psicologica) dei liberatori a stelle e strisce, che ci volevano in esclusiva e sempre piccoli. E alla faccia di Enrico Mattei e dell’amico fraterno (per dichiarazione di S.B.) Craxi, che avrebbero voluto, non diciamo vendetta, ma un po’ di giustizia in più. E invece no: S.B. aveva rilanciato una “strategia della tensione” tutta nostrana, peggiore di quella che ci aveva da sempre soffocati, strizzando l’occhio a chi fin dagli anni ’70 (gli USA) amava favorire in giro per il mondo i golpe (vedi Cile, caso Allende-Pinochet; o vedi Italia, golpe falliti). Viene veramente da pensare che S.B. fosse iscritto alla P2 per sua volontà, e non a sua insaputa come ebbe a dichiarare. Aveva strizzato l’occhio (ma questo non lo sapeva ancora) a chi, anche e soprattutto in ragione del crollo del prezzo del petrolio, deciderà di attaccare l’Iraq nei prossimi decenni in virtù di dossier inventati, su armi di distruzione di massa inesistenti (facciamo guerra e il prezzo torna su). Chi scrive è addirittura un atlantista, per cui si ometteranno i particolari delle successive “Rivoluzioni Colorate” nell’ex Unione Sovietica (Rosa in Georgia e Arancione in Ucraina), a forte matrice USA e che, oggigiorno, stanno dando un bel po’ di problemi anche di natura atomica. Questi fatti postumi, come già detto, S.B. non poteva prevederli né cagionarli, neanche indirettamente. A suo tempo doveva fare solo sua l’esperienza di chi l’aveva preceduto. Ma era già troppo guascone in quel 1994? S’era fatto un po’ troppo spaventare da Craxi con questa storia dei comunisti? Temeva già i “giudici di sinistra”, come li ha sempre chiamati per le inchieste in atto? Invero, per ciò che si osserva dai suoi primi dibattiti TV con gli opponenti del suo nominato “cartello comunista”, i suoi discorsi sono empi di sicurezza, di caparbietà, di fiducia nella futura sonora vittoria, e sono anche densi di un certo vilipendio per un Comunismo Italiano che nulla, invero, aveva avuto a che fare nelle opere con quello delle dittature ultra-continentali, e che aveva, invece, contribuito a liberarci dal Fascismo e a scrivere la Costituzione Italiana, rendendo Regioni come l’Emilia Romagna – definite rosse – tra le più floride e operose con il sistema delle cooperative (altro che povertà e fallimento). Ma su come fosse abile a mentire S.B. sono piene le pagine dei giornali, esistendo pure dei libri sull’argomento. Tutto concordano nell’asserire che S.B. per poter mentire bene, prima, aveva bisogno di mentire a se stesso.

Giorgio Gaber, fine intellettuale, proprio in quel 1994 pubblicava la sua canzone “Destra-Sinistra” ricordandoci che «Tutti noi ce la prendiamo con la Storia, ma io dico che la colpa è nostra. E’ evidente che la gente è poco seria quando parla di sinistra o destra…» (parlava di Silvio B.), continuando che «l’ideologia, malgrado tutto credo ancora che ci sia. È il continuare ad affermare un pensiero e il suo perché, con la scusa di un contrasto che non c’è…», riferendosi proprio alle stupidate di S.B. e al suo “peccato originale”: quello di demonizzare una parte fondamentale d’Italia, favorendo il “Dividi et impera” (motto latino con cui si vuole significare che la divisione, la rivalità e la discordia all’interno di un popolo giova a chi vuole dominarli). Ed i “compagni” reagiranno, sostenendo il lavoro della magistratura contro la corruzione, già forte del consenso popolare per il buon lavoro che stava espletando contro la mafia (che aveva osato troppo ai danni dei giudici Falcone e Borsellino). E ha pagato S.B. per questo suo “guasconare” (il verbo non esiste nemmeno, ma per lui bisognerebbe inventarlo), fino a tribolare e forse a sclerare, perché “il potere logora chi non ce l’ha”, ma soprattutto chi ce l’ha. Il sacrificio di S.B. è perciò apprezzabile fino ad un certo punto, ed è stato forse uno statista solo quando non se n’è accorto. Di certo non è paragonabile a nessuno dei Padri Costituenti della Repubblica Italiana, come anche a nessun grande politico del Pentapartito, Craxi compreso: ch’era pronto a sacrificare se stesso per l’Italia prendendo di petto qualunque situazione. Gli eroi sono poi altri: i Giudici di cui sappiamo. Pertanto a S.B. il funerale di Stato era dovuto per legge, come ad ogni Presidente del Consiglio; il giorno di lutto nazionale è stato una concessione, mentre della bandiera a mezz’asta molte istituzioni, comprese molte scuole e università, se ne sono fregati. Di funerali solenni, poi, non lo si è nemmeno pensato, mentre di “beatificazione” se ne parla solo nelle barzellette.

Cosa, dunque, ci lascia Berlusconi di buono? Questa è semplice: ci lascia la possibilità concreta e forte di far sì che la prima Repubblica muoia effettivamente (perché non è mai morta), rinunciando la classe politica restante ad “uccidere” per una terza volta Aldo Moro. Occorre cioè abbandonare una politica basata sulla ressa e sul populismo (eredità di S.B.), abbracciando il confronto politico serio e pacato. S.B. ha poi fatto passare l’idea che in Politica è importante vincere, mentre è più importante vincere convincendo. E lui ha vinto ma non ha mai convinto. La disaffezione nell’andare a votare (partecipazione al voto in calo) ne è un indice, a cui anche il centro-sinistra ha contribuito. Per cui errare è umano, mentre perseverare nell’errore è diabolico, anche perché l’ISU-Italia (l’Indice di Sviluppo Umano del sistema Italia) in questi 30 anni di governi bipartisan (vedi le percentuali riportate) ci ha visti precipitare dal 17-esimo posto, come paese più sviluppato, al 30-esimo posto, evidenziandosi una politica economica e sociale fallimentare. Invero anche Francia e Spagna cedono posizioni, giusto per fare dei paragoni, ma più negli ultimi anni per le contingenze internazionali che per la qualità delle loro politiche decennali. La Germania, invece, anche se in calo, si mantiene sempre nei primi dieci posti. Abbiamo dunque da rimboccarci per bene le maniche se non vogliamo essere anche noi, come S.B., solo dei burattini nelle mani della Storia.

Salvatore Ignaccolo

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