Genitori, figli, parenti in conflitto: che si fa?
Rubrica a cura della psicologa Rosita Solarino
Quando due familiari litigano può capitare che si dicano i peggiori insulti, non si salutano più, si evitano a vicenda, si facciano delle provocazioni. Sul piano personale, si soffre per la delusione dell’altro, per le aspettative svanite, per la mancanza dell’altro, per le offese ricevute e per quelle fatte, per il non sapere come comportarsi, per il vedere gli altri (figli, ad esempio) soffrire. Come arginare tutto ciò? Uno strumento efficace ed efficiente per gestire i conflitti è: la mediazione familiare. Essa può essere:
- Demandata dal giudice: i giudici possono, durante il giudizio ordinario in Tribunale, inviare con ordinanza le parti presso un Organismo di Mediazione ogni volta che ravvisino l’utilità di avviare un procedimento di mediazione fra le parti. La mediazione costituisce condizione di procedibilità per il giudizio.
- Volontaria: le parti in conflitto decidono volontariamente di utilizzare lo strumento della mediazione per gestire le loro problematiche.
A chi si rivolge?
Il percorso di mediazione familiare può essere intrapreso da: coniugi in fase di divorzio, coniugi in crisi, famiglie in conflitto per la gestione della propria quotidianità, ex coniugi, genitori vs figli, parenti di vario grado (fratelli, cugini, zii, ecc..) in situazione conflittuale.
Cosa accade durante il percorso di mediazione familiare?
La mediazione familiare prevede più incontri e si pone l’obiettivo di costruire una realtà terza, ovvero una realtà altra rispetto a quella che le parti portano quando entrano in mediazione (la realtà conflittuale). Gli incontri si possono svolgere in seduta congiunta (con tutte le parti presenti) o in seduta separata (con la singola parte), in virtù delle valutazioni sull’efficienza del percorso di mediazione che il mediatore e le parti effettuano.Quanto viene detto durante gli incontri con le singole parti è soggetto a riservatezza (viene mantenuto segreto), a meno che non sia la parte stessa ad autorizzare il mediatore a dire determinati passaggi dell’incontro all’altra. Il percorso di mediazione consente alle parti di interagire per costruire una realtà differente da quella conflittuale che li coinvolge al momento di ingresso in mediazione: le parti individuano un obiettivo comune e si muovono in quella direzione. Il percorso di mediazione, inoltre, si può interrompere in qualsiasi momento qualora le parti lo volessero.
Qual è il ruolo del mediatore?
Il ruolo del mediatore familiare è terzo rispetto alle parti, imparziale e garante di riservatezza rispetto i contenuti portati. Il suo obiettivo è quello di facilitare le parti nel trovare e consolidare un obiettivo comune, promuovendo in esse competenze gestionali in merito alle situazioni conflittuali.
Qual è il valore aggiunto della Mediazione Dialogica?
Con l’espressione Mediazione Dialogica si definisce un modo specifico di condurre la mediazione. La metodologia della Mediazione Dialogica prende forma su un’epistemologia ben precisa: la Scienza Dialogica[1]. Interrogarsi sullo statuto epistemico del “conflitto-controversia” comporta chiedersi cosa viene utilizzato dalle due o più parti quando si dichiarano in conflitto. La risposta a questo interrogativo risulta sempre: il linguaggio ordinario (logos).
Il processo di Mediazione Dialogica lavorando sul logos, ovvero su ciò che si dice e sul processo che sta alla base del dire, permette di:
– spostare le parti dalle loro posizioni iniziali per costruire un nuovo assetto interattivo (modo di stare nella relazione) condiviso dalle parti stesse;
-rendere competenti i familiari nella gestione delle interazioni e dei conflitti;
-far sì che i membri della famiglia gestiscano autonomamente e in anticipazione le conflittualità che potrebbero presentare.
[1] Essa è la scienza che ha come oggetto di conoscenza l’uso della unità simboliche che compongono il linguaggio ordinario, il quale dà forma alle configurazioni discorsive (Turchi, 2007; Turchi, Orrù, 2014)