Dimissioni, Cappello e Schifitto rompono il silenzio con un’intervista: “Non è un’amministrazione per donne”
Si sono dimesse qualche giorno fa con una lettera di dimissioni serena ma forte scatenando un vero e proprio terremoto politico. Due donne ritenute da tutti competenti e in gamba, le cui dimissioni hanno sconvolto anche la città. Concetta Cappello, in più, è stata “il jolly” della campagna elettorale del sindaco per le amministrative e il suo impegno politico – è noto a tutti – è stato determinante per la vittoria di Spadola.
I motivi delle dimissioni sono ormai stati scritti a chiare lettere e “chi ha voluto capire ha capito” dicono entrambe. Adesso però hanno scelto di rompere il silenzio rilasciando una intervista al nostro giornale per chiarire aspetti poco chiari e -soprattutto- avere la possibilità di replicare a quanto affermato dalle forze politiche di maggioranza dopo le loro dimissioni.
La vostra lettera di dimissioni è stata chiara, serena nei toni ma forte nelle espressioni usate. Poi il vostro silenzio e i commenti politici di maggioranza e opposizione. Adesso sentite il bisogno di rompere questo silenzio, perché?
Perché invece di comprendere davvero le nostre parole si è fatto vittimismo. In maniera infantile si è continuato a sostenere, anche durante la seduta di consiglio comunale, che nessuno sapeva nulla e che queste due donne sono state colpite da una “botta di calore”, da un colpo di isterismo. Questo la dice già lunga sulla considerazione che il sindaco e il suo entourage hanno avuto di noi. Vogliamo rompere il silenzio perché riteniamo sia opportuno farlo, specie dopo un comunicato stampa di Insieme per Rosolini e un’intervista rilasciata dal sindaco a un giornale online, tra l’altro non locale, in cui queste due donne passano per isteriche. I motivi delle nostre dimissioni sono stati chiarissimi. Chi sa leggere e vuole capire, le ha capite.
A proposito di quell’intervista, il sindaco ha affermato che è fortunato, adesso, ad avere in giunta tre assessori che non si fanno abbindolare dalle sirene che arrivano dall’esterno. Di quali sirene parla? Da chi vi sareste fatte abbindolare?
Ce lo chiediamo anche noi. Chi sono le sirene? Il sindaco deve sapere che noi sappiamo coprirci benissimo le orecchie. Le sirene, se dobbiamo dirla tutta, si sono messe a cantare dopo le nostre dimissioni, da tutte le parti. Mai prima.
Lui pare faccia riferimento alle elezioni regionali. Ha affermato che le vostre dimissioni hanno precluso le aspirazioni di qualcuno che voleva correre alle elezioni d’autunno.
Si, loro alludono alle Regionali imminenti. Ma chi sarebbe questo qualcuno? Non sappiamo di chi stanno parlando, dato che non è mai uscito un nome, né – almeno con noi- si è mai toccato l’argomento regionali. Semmai sono loro che fanno discussioni politiche con l’uno o e con l’altro candidato regionale e noi non ne abbiamo mai saputo nulla.
Stando alla vostra lettera non è l’unica cosa di cui dichiarate di non essere state a conoscenza. Quando è iniziato il vostro malessere?
A fine aprile, nel periodo in cui il sindaco era a casa con il covid. È stato in quel momento che abbiamo cominciato a sentirci estranee e a comunicargli il nostro malessere.
C’è stata una grave mancanza nel rispetto dei ruoli. Molto spesso siamo state scavalcate nelle nostre rubriche anche da qualche consigliere comunale. Delle decisioni che venivano assunte, molte volte estremamente importanti e di nostra competenza e responsabilità, non ne sapevamo nulla. Ma chi ci avrebbe creduto se avessimo detto che non ne eravamo a conoscenza? Il sindaco è una brava persona che ogni tanto pecca però di atteggiamenti da padre padrone e deliri di onnipotenza. “Tu fidati di me, faccio io, ci penso io, tu non ci pensare, tanto ci sono io” erano le frasi più comuni. La verità è che noi ci fidavamo di lui, ma non del suo entourage. Perché alla fine non decideva solo. Ed è il suo entourage il problema, che pensa di poter gestire in maniera casalinga l’ente comune. Il sindaco è consigliato male ed è attorniato dalle persone sbagliate. È da queste persone che abbiamo sentito la necessità di allontanarci. È di loro che non ci fidiamo.
Ma lui si fidava di voi. Ha detto di essersi sentito tradito.
“Le posizioni mie e di Concetta sono diverse – risponde Schifitto. “Sentivo che si era rotto il rapporto di fiducia tra me e il sindaco. E da qualche settimana tra le stanze del comune cominciava a circolare il nome di chi doveva sostituirmi. Lui le mie dimissioni se le augurava. Ero sempre considerata come quella che non faceva niente solo perché, come fanno altri, non me stavo tutto il giorno a fare la guardia agli uffici. In compenso però ho presentato tre progetti che non mi pare siano stati presentati da chi sta sempre al Comune. Io gestisco un’azienda da anni e ho sempre lavorato in modo programmatico e lungimirante. Con più “sostanza”, appunto, e meno “forma”. Ne approfitto per rispondere anche all’intervista che il consigliere Piergiorgio Gerratana ha rilasciato nel vostro ultimo giornale cartaceo in merito al finanziamento per la riqualificazione dell’ex consorzio agrario. A quel progetto abbiamo lavorato io, Vincenzo Gugliotta e Giuseppe Santacroce, non è un progetto che ci è arrivato impacchettato. Piergiorgio ci ha messo a conoscenza del bando presentandoci l’architetto, ma il lavoro è stato tutto nostro e non avevo motivo di citarlo. Ci sono sempre arrivate segnalazioni su possibili bandi a cui partecipare anche da amici, tramite messaggi. Ci mettiamo a ringraziare tutti? Considero quella di Piergiorgio smania da protagonismo – conclude Schifitto.
Tornando al sindaco, gli avete quindi comunicato il vostro malessere e lo avete messo in guardia. Lui come ha risposto?
Ci diceva sempre che ne avremmo parlato, che ci saremmo confrontati. Ma quando? Mai successo.
In giunta, ad esempio?
La giunta veniva convocata alle 11.50 con il messaggino. Alle 11.55 firma delibere e alle 12 era già conclusa. Le cose serie venivano ragionate senza di noi. Fare giunta era solo mettere firme, non ci sono mai stati confronti. Lui era a conoscenza dei nostri malesseri, non è vero quando dice il contrario – risponde invece Cappello. Quando parla di sentirsi tradito il riferimento è chiaramente a me perché ci teneva tanto. Ma quando afferma di avermi dato pure le chiavi dell’ente, vorrei rettificare: forse intende le chiavi di Sala Cartia? Perché io ero solo quella che doveva parlare in pubblico, l’assessore di rappresentanza, e poi le decisioni importanti di mia competenza le prendevano gli altri e io sono sempre rimasta all’oscuro di tutto. Erano cose da uomini. Ma io la velina non l’ho mai voluta fare nella mia vita. Mi sono stufata di essere considerata come colei che deve fare rappresentanza. Lui le decisioni, come già detto, non le prendeva neanche da solo ma con persone che si muovono ancora con le logiche della vecchia politica e che continuano ad avere una visione dell’amministrare politico che è quella della spartizione di favori a chi ti ha votato.
“Erano cose da uomini?” Quella di Giovanni Spadola è o non è un’amministrazione per donne?
Non è un’amministrazione per donne e lo abbiamo provato sulla nostra pelle. Ci sono una convinzione e una mentalità diffuse, all’interno dell’amministrazione, secondo cui certe cose sono solo cose da uomini e le donne devono starne alla larga, “devono fidarsi e basta”. Questo avveniva pure per le riunioni con i commercianti della fiera mercato ad esempio, – racconta Schifitto- “mi diceva: resta a casa”. Erano cose per uomini.
Sempre il sindaco ha scritto che vi siete dimesse perché dovete conciliare impegni aziendali e professionali e gestire anche la famiglia…
“Io non sono andata via perché non avevo tempo – risponde Schifitto. Il lavoro non mi ha mai preoccupata. Ripetiamo che chi ha voluto capire le motivazioni le ha capite, chi cerca di aggrapparsi ad altro è perché non vuole capire”.
“Io – risponde invece Cappello – non ho nemmeno rinunciato al mio lavoro per svolgere il ruolo di assessore. Avrei potuto prendere l’aspettativa ma non l’ho fatto. Siamo donne abituate da sempre al lavoro e a gestire gli impegni. Poi questa cosa che è solo la donna a doversi occupare della gestione familiare evidenzia ancora una volta la mentalità maschilista di questa amministrazione. Anzi, ti dirò di più. Io e mio marito – racconta ironicamente- ci eravamo anche organizzati perché pensavamo che dato che sarei diventata assessore avrei dovuto partecipare a tantissime riunioni anche serali. Ma ce ne fosse stata una!”
Avete parlato nella vostra lettera del rischio di “essere coinvolte in processi decisionali e scelte amministrative che non avete assolutamente né conosciuto e neanche condiviso”. A cosa vi riferite?
Decisioni amministrative, anche su rubriche di nostra competenza, di cui siamo state all’oscuro e di cui non vogliamo essere in nessun modo corresponsabili.
Volevo dare davvero il mio contributo per aiutare Giovanni ad amministrare il famoso bene comune – aggiunge Schifitto. Non ho mai avuto altri interessi se non quello di mettere a disposizione dell’ente l’esperienza che ho. Ma ho capito che ero un impaccio, che il mio lavoro non era riconosciuto e che qualche assessore si è pure divertito a metterci in cattiva luce con il sindaco.
Mi sono battuta per i servizi sociali, – ha detto invece Cappello – perché non ho nessun interesse se non la profonda conoscenza dei disagi di alcune famiglie e situazioni sociali. C’è però chi può vederci una risorsa economica. Mi auguro che chi mi sostituirà non avrà il minimo interesse personale o professionale nella gestione dei servizi sociali.
Perché non avete detto nulla della vostra decisione al vostro gruppo di riferimento, Insieme per Rosolini?
Perché? – risponde Concetta Cappello. Esiste ancora Insieme per Rosolini? C’è un problema interno a quel gruppo e questa cosa va chiarita. Il gruppo, che ha pure rilasciato un comunicato, non esiste, non si è mai riunito e confrontato. È scomparso il giorno successivo alla vittoria delle elezioni comunali. Nei primi mesi del nostro mandato – racconta Cappello – abbiamo cercato svariate volte Giuseppe Agricola, che doveva essere il riferimento. Ma ci ha lasciate sole, dicendo che aveva da fare e che non era interessato. L’ultima volta che gli ho scritto era il 25 febbraio. Quando dicono che non abbiamo detto nulla, noi ci chiediamo: ma esattamente a chi lo dovevamo dire?
Però, c’è da aggiungere, che non è vero che nessuno sapeva. La consigliera Luigia Di Stefano, che in consiglio comunale ha detto il contrario, era a conoscenza dei nostri malesseri. Non sapeva che ci saremmo dimesse, è vero, ma sapeva che qualcosa non andava, che non ci sentivamo più rappresentate e condivideva le mie perplessità sul gruppo politico.
Io non sono espressione di Insieme per Rosolini – chiarisce invece Marinella Schifitto. Non sono stata designata da questo gruppo. Quando mi è stato proposto di diventare assessore si sono presentati a casa mia Giovanni Spadola, Corrado Sortino, Peppe Agricola e Pippo Gambuzza. Il mio leader non è Peppe Agricola, io faccio parte di Etica. Se Etica ne era a conoscenza? Una parte si. Pinello Gennaro mi consigliava di aspettare, di provare a parlare con il sindaco per capire se potesse esserci rimedio.
C’è qualcuno tra gli assessori e i consiglieri comunali che la pensa oggi come voi? Che prova il vostro “stesso malessere” e non condivide le scelte amministrative?
Si. C’è qualcuno che la pensa esattamente come noi. Ma non vogliamo fare nomi.
Ma ora, da donna e donne, vi chiedo: che farete? Tornerete a “lavare i piatti”?
No, per il semplice fatto che noi i piatti non li abbiamo mai lavati.
Non scompariremo dalla politica, ma sicuramente staremo lontane dal vecchio modo di intenderla, la politica. Quest’esperienza ci ha permesso di dare ancora più valore alla condivisione di idee tra donne che sicuramente rilanceremo e condivideremo con altre donne.
Ci auguriamo per il momento che le nuove assessore designate sappiano davvero farsi valere e dare il proprio contributo perché Rosolini è pieno di donne che potrebbero dare il massimo per la propria città.
Ci auguriamo, insomma, che le nuove designate non siano solo “quote rose”.
Enrica Odierna
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