Coronavirus – Due insegnanti rosolinesi al Nord scrivono al Presidente Musumeci: “Chiediamo di poter ritornare in Sicilia”
Una palese ingiustizia e un comune disagio quello che stanno vivendo migliaia di lavoratori e studenti fuori sede che vorrebbero, con tutte le precauzioni del caso, rientrare nella propria Terra.
“Perché possiamo rientrare in Sicilia in aereo mettendoci a rischio, in quanto a contatto con centinaia di persone e non in auto come in tutta Italia, mezzo più che sicuro con il quale non c’è possibilità di imbattersi in contatti esterni? Possiamo raggiungere Villa San Giovanni in macchina, ma non possiamo attraversare lo stretto. È una situazione assurda”.
Sono questi gli interrogativi, che nelle ultime ore stanno accomunando migliaia di siciliani che studiano e lavorano fuori Regione. In loro si era accesa la speranza, con l’ultimo DPCM che avvia da oggi la cosiddetta “Fase 2”, di poter ritornare dalle loro famiglie. Il decreto ministeriale del 26 aprile, dà chiaramente la possibilità di poter rientrare nelle proprie residenze, ma la volontà del Governatore della Regione Sicilia, Nello Musumeci, di “blindare” l’isola per tutto il mese di maggio, ha gettato, i siciliani in questione, nella disperazione.
Nello specifico, Maurizio e Grazia, insegnanti rosolinesi al Nord, amareggiati e al pari di tantissimi lavoratori e studenti fuori sede, dopo aver passato mesi lontani dai propri cari, dopo aver deciso di evitare di affollare treni e aerei, scongiurando di trasportare nel mese di marzo il virus al Sud, mettendo così in sicurezza la salute di tutti i siciliani prima della propria, ad oggi avevano accarezzato finalmente l’idea di poter rientrare ma, considerate le disposizioni emanate dal presidente siciliano, non gli è possibile. Per questo, dopo aver pubblicato sui social un personale sfogo e dopo essere stati contattati da decine di persone che si trovano nella loro stessa situazione, hanno deciso di far proprio il grido d’aiuto di tanti siciliani “abbandonati” al Nord, e hanno scritto direttamente a Nello Musumeci, inviandogli ieri un’email che lancia un appello ben preciso: “Chiediamo di poter ritornare in Sicilia, ma siamo bloccati al Nord”.
Si registreranno e si metteranno in quarantena fino a risultato tampone, assicurano i due giovani. Ed è sicuro che lo faranno, visto che rientrano tra quei “coraggiosi” che, con spiccato buon senso e responsabilità sociale, sono rimasti al Nord per non diffondere la contaminazione. Eroi che ora vengono penalizzati dalla non possibilità di ritorno.
“È vero che c’è sempre tempo di tornare a casa. Ma il tempo di sentirsi a casa al sicuro da tutto, il tempo di riabbracciare per l’ultima vota qualcuno che magari quando potremmo tornare, non ci sarà più. Signor Presidente abbia cura del tempo, ci aiuti a ritrovare il nostro”.
In questo dramma, c’è pure chi non può più permettersi di pagare affitto e vitto, vista la crisi che in tanti stanno attraversando. Famiglie monoreddito in cui lo stipendio non c’è più. Studenti fuori sede abbandonati al Nord, con bollette e affitti da pagare. C’è chi si metterà lo stesso in auto, nella speranza che, arrivato all’imbarco dei traghetti, possa effettuare la traversata. Ma c’è chi per timore di rimanere giorni e giorni a Villa San Giovanni, non si azzarda a partire e continuerà a rimanere isolato nelle città del Nord.
Con il cuore in mano, Maurizio e Grazia, chiedono al Presidente Musumeci di intervenire. L’appello:
“Buongiorno Presidente Musumeci, siamo due insegnanti residenti a Rosolini (SR) e che per motivi lavorativi viviamo al Nord, a Torino. Premettiamo che quando arrivò, in anticipo, l’ordinanza di chiudere i confini delineando tutta l’Italia come zona rossa, abbiamo deciso lucidamente di restare al Nord e di non far parte di quell’indisciplinato esodo verso la Sicilia che ha messo a rischio tutto il sistema sanitario ed in primis gli abitanti di tutto il territorio. Premettiamo anche che siamo chiusi in casa da più di due mesi, rispettando tutte le regole in tema di distanziamento sociale e precauzionali di ogni genere per tutelarci e per tutelare gli altri.
Avendo colta l’indicazione ministeriale della definitiva chiusura delle scuole per l’anno scolastico in corso, e assicurandoci di non avere obblighi di presenza fisica a scuola nel prossimo futuro, io e la mia ragazza (conviventi) stavamo valutando la possibilità di avvicinarci a nostri cari rispettando tutte le normative vigenti.
Abbiamo anche un domicilio di proprietà che ci permetterebbe di stare in quarantena sicura e di non mettere a rischio nessun componente familiare né tantomeno la popolazione siciliana. Abbiamo pensato che la via migliore e senza rischi per tutti, era quella di scendere in macchina in modo di evitare contatti alcuni e quindi rispettando tutte le norme di sicurezza per noi e soprattutto per gli altri. Questo non è possibile perché gli spostamenti dei passeggeri via mare da Messina per Villa San Giovanni e Reggio Calabria, e viceversa, sono disciplinati dal Decreto n.183 del 29 aprile 2020, emanato dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, di concerto con il Ministro della Salute, tenuto conto dell’andamento epidemiologico nell’Isola. Tale disciplina, in deroga restrittiva all’art.1, comma 1 lett. a), ultimo periodo, del DPCM del 26 aprile 2020, consente l’accesso nell’Isola esclusivamente “agli appartenenti alle Forze dell’ordine e alle Forze armate, agli operatori sanitari pubblici e privati, ai lavoratori pendolari o per comprovate esigenze di lavoro, gravi motivi di salute e situazioni di necessità”.
Quindi, l’unico modo per tornare sarebbe prendere un aereo. Mi chiedo come sia possibile permettere questa cosa. Ecco quello che succederebbe se decidessimo di prendere un aereo: Prendere la metro, poi un autobus, sala d’aspetto, arrivo a Catania e prendere un autobus (non per la residenza dove dovremmo fare la quarantena, questa purtroppo è raggiungibile solo in macchina) per tornare in paese dove dovremmo prendere in prestito una macchina dai nostri genitori, e quindi inevitabile il contatto, e spostarci verso il luogo di quarantena.
È inevitabile che questo lungo percorso ci metterebbe a contatto con altre persone, centinaia se non migliaia, e quindi ad alto rischio contagio.
Perché scendere adesso? Perché è uno spiraglio nell’incertezza. Se il 4 Maggio le riaperture graduali portino ad una nuova emergenza e si dovesse optare per richiudere tutto, noi resteremmo nuovamente bloccati in un posto che non è la nostra terra con tutti i disagi che ne comporterebbe. Come lei può evincere dalle notizie che rimbalzano ogni giorno sui giornali, Torino ha dei numeri di contagi giornalieri altissimi e questo ci fa vivere in una condizione psichica angosciante e deprimente. Non ci sentiamo più al sicuro. Vogliamo tornare a casa. Chi è il responsabile del tempo? Di chi ci dice “c’è sempre tempo per tornare a casa? È vero signor presidente che c’è sempre tempo, ma il tempo non tornerà mai più. Il tempo di vivere vicino ai propri cari, il tempo di sentirsi a casa al sicuro da tutto, il tempo di riabbracciare per l’ultima vota qualcuno che magari quando potremmo tornare, non ci sarà più. Signor Presidente abbia cura del tempo, ci aiuti a ritrovare il nostro”.