Conversazione con Bruno Segre nella biblioteca “Capuana” di Ispica
Bruno Segre non è nuovo a Ispica, in questi ultimi anni ha più volte incontrato i ragazzi del liceo ed è innamorato del nostro territorio.
Ebreo italiano, vittima delle leggi razziali ottant’anni fa, docente, scrittore, formatosi nel Movimento Comunità fondato da Olivetti, ha sempre esercitato acume e intelligenza critica per comprendere il senso della sua identità ebraica, vissuta sì come minoranza, ma in dialogo fecondo con le culture altre, perché le differenze, come ha suggerito più volte nel corso della serata organizzata dagli Amici della Biblioteca il 2 febbraio scorso, sono una ricchezza. Se, come ha affermato Antonella Macauda nella sua introduzione, l’anima della storia è il revisionismo continuo sul passato per giungere ad una nuova comprensione, a partire dal punto di vista che abitiamo, Bruno ha indicato l’importanza della memoria come educazione alla comprensione autentica della storia. Ricordare è un impegno etico e La Giornata della Memoria, che non è stata istituita per gli ebrei, rischia di diventare vuota celebrazione se non trasmette operatività progettuale alle nuove generazioni.
Tantissimi i temi le prospettive aperte dall’incontro del 2 febbraio e sollecitate da un pubblico attento. Israele biblico e la politica dell’Israele storico.
Mezzo secolo di occupazione dei territori palestinesi nell’arco dell’intera storia moderna – una delle occupazioni militari più lunghe che un popolo abbia mai inflitto a un altro popolo -, il rapido e forse irreversibile tramonto della soluzione “due stati per due popoli”, il progressivo immiserirsi della vita democratica all’interno dello stesso Israele, con una scarsa sensibilità per i diritti delle minoranze, rappresentano un insieme di situazioni per le quali la maggioranza degli ebrei americani considera gli attuali detentori del potere a Tel Aviv lontani dai valori dell’autentico sionismo, inteso come un’istituzione marcata da una robusta vocazione libertaria e da una chiara impronta laica e pluralista. Eliminando criticamente alcune facili semplificazioni che vorrebbero gli ebrei nord americani sostenitori della politica di Israele, Segre ha invece denunciato che Israele è diventato, oltre che un’etnocrazia, una teocrazia fondata sull’ebraismo ortodosso, imposto ope legis, oltre che di fatto, quale religione nazionale ufficiale, senza nessuna differenza con la negazione della democrazia di alcuni dei paesi arabi limitrofi.
A lezione di questo ebreo abbiamo tentato di disegnare un’etica nuova in tempi di crisi, come indicava il grande filosofo Anders. Un’etica laica e che liberi da ogni forma di volontà di potenza o come ha detto Bruno, da ogni forma di idolatria.
Ebreo non religioso, nel corso della serata ha testimoniato e difeso con fine intelligenza una laicità autentica, che mantiene viva la messianicità, come non definitività di ogni verità, di un pensiero unico che mortifica le differenze, o direi l’avventura della differenze. “Anche se siamo pochi, siamo plurali. Plurali nelle idee, nelle abitudini, nei riti, nei modi di contemperare la modernità con la tradizione”. La laicità degli ebrei è sinonimo, insomma, di una prospettiva aperta, pluralistica, di una concezione ‘polifonica’ della vita e della cultura, apprese nelle lunghe e prolungate esperienze diasporiche. Sono laici, pertanto, quegli ebrei, poco importa se “secolarizzati” oppure “praticanti”, che rifiutano di lasciarsi imporre, e anche di imporre, un ‘pensiero unico’.
“Essere pluralista, come io sono – ha affermato – significa dunque riconoscere che la pluralità ebraica esiste, e che è importante disporsi ad accoglierla, del tutto laicamente, come un segno di ricchezza, come una benedizione. Ciò porta ad avversare un dogmatismo prevaricatore, qualsiasi matrice esso abbia e chiunque lo brandisca. Coloro che professano sinceramente una fede non sono di necessità portati a violare la libera espressione del pensiero altrui, mentre anche un ateo che si atteggi a chierico dell’ateismo esprime dogmatismo e diventa prevaricatore”.
Allo stesso modo ci ha invitato a lottare senza quartiere contro ogni forma, anche larvata, di idolatria. L’idolatria è una tentazione alla quale siamo tutti costantemente esposti, in ogni ambito e in ogni circostanza della nostra vita.
Puoi essere idolatra anche di te stesso se ti accade di abbandonarti a qualche forma di narcisismo. Ma l’idolatria contro cui occorre battersi oggi è rappresentata, in prima istanza, da forme di eccessiva e mal riposta riverenza verso singole idee o particolari fenomeni o specifiche appartenenze, quali quelle al proprio gruppo etnico o alla propria fede o al proprio partito politico. La prova più evidente che la nostra fede o il nostro gruppo etnico si sono trasformati in idoli si ha quando manchiamo di rispetto o odiamo la fede o il gruppo etnico altrui, oppure quando ci dimentichiamo che nessuno ha il monopolio esclusivo della verità e ci rifiutiamo di ascoltare e accogliere tutte le voci di buona volontà che pure si levano e circolano in questo nostro difficilissimo mondo.