Conflitti scolastici: come gestirli?
La scuola rappresenta una comunità a cui viene affidato il compito di formare le nuove generazioni a livello didattico, a livello sociale e personale. L’obiettivo attribuito alla scuola non si esaurisce con dell’acquisizione di nozioni, ma apre a compiti e responsabilità in cui l’offrire un contributo all’educazione e alla formazione delle nuove generazioni, si affianca alla costruzione di competenze che favoriscano la convivenza all’interno della comunità scolastica. Il mandato istituzionale, come stabilito dal Miur, è anche quello di formare gli studenti come “cittadini” responsabili della società in cui sono inseriti.
Non raramente, all’interno della comunità scolastica si sentono discorsi in contrapposizione l’uno con l’altro, si generano assetti conflittuali tra due o più parti (si pensi al “fenomeno di bullismo”). Come si gestiscono)
Lo strumento storicamente utilizzato per gestire i conflitti scolastici è la punizione. Quest’ultima mette in evidenza due polarità all’interno degli assetti interattivi, quali quella dei perdenti/devianti e quella dei vincitori/giusti, e fa sì che queste polarità si mantengono nel tempo. Accade, inoltre, che non si rendono partecipi i membri stessi della comunità e le soluzioni individuate (nota disciplinare, ad esempio) risultano “imposte”, in quanto generate dall’“esterno”, comportando così che i membri coinvolti rivestono un ruolo di marginalità nei confronti di ciò che li riguarda.La punizione supporta e conferma queste due posizioni: lo studente è stato punito perchè è un delinquente e l’altro studente è vittima dell’atto commesso dal compagno di classe. Il giorno seguente e gli altri giorni avvenire, quando la pena “è stata scontata” ( è stato presentato il diario firmato dai genitori) le due posizioni permangono tra i membri del gruppo classe e possono fungere da supporto ad eventuali atti conflittuali tra le parti. Potrebbe accadere che lo studente punito continui a “disturbare” il/i compagni di classe e così via.
Un altro strumento è: la mediazione. L’attività di mediazione viene, generalmente, definita come l’attività svolta da un terzo imparziale (il mediatore), volta a consentire che due o più parti raggiungano un accordo ovvero superino un contrasto in essere tra loro. Il processo di mediazione consente:
– di “mettere le mani in pasta”, ovvero di entrare negli assetti interattivi conflittuali e di occuparsene;
-di creare nuovi assetti interattivi che non includono la figura del perdente e del vincitore, ma in cui tutti i membri in interazione risultino vincitori, in quanto hanno esperito si siano mossi in prima persona per modificare le posizioni arroccate;
-far sì che il conflitto venga preso in carico da parte della comunità scolastica proprio perché appartenente alla comunità scolastica e non solo ai membri coinvolti in prima persona.
Con l’espressione Mediazione Dialogica si definisce un modo specifico di condurre la mediazione. La metodologia della Mediazione Dialogica prende forma su un’epistemologia ben precisa: la Scienza Dialogica[1]. Interrogarsi sullo statuto epistemico del “conflitto-controversia” comporta chiedersi cosa viene utilizzato dalle due o più parti quando si dichiarano in conflitto. La risposta a questo interrogativo risulta sempre: il linguaggio ordinario (logos). Per esemplificare, sia se si tratta di due studenti che si azzuffano, sia se si tratta di un’offesa da parte di un gruppetto nei confronti del compagno di classe, sia se si tratta di un diverbio tra insegnanti,ecc., ciò che accomuna questi eventi e che li rende “conflitto-controversia” è il ricorso del linguaggio ordinario (verbale, grafico, gestuale, mimico, prossemico) per dichiararli “conflitto-controversia”. Focalizzarsi, a prescindere dai diversi contesti, su come si configura la realtà “conflitto-controversia”, consente al mediatore dialogico di padroneggiare le produzioni discorsive intorno al “conflitto-controversia” in modo da generare una realtà altra da quella conflittuale (obiettivo della mediazione). Inoltre, l’operatore dialogico, in quanto esperto di processi e di ciò che i processi sono nella condizione di poter generare, può anticipare scenari futuri, in modo da poter promuovere assetti comunitari in cui le conflittualità emergenti vengano gestite prima che “esplodano”.
Il processo di Mediazione Dialogica, dunque, permette di:
– di spostare le parti dalle loro posizioni iniziali per costruire una nuova realtà/assetto interattivo condivisa dalle parti stesse;
–rendere competenti i membri della comunità nella gestione delle interazioni e dei conflitti;
-far sì che i membri della comunità scolastica gestiscano autonomamente e in anticipazione le conflittualità che potrebbero presentare.
[1] Essa è la scienza che ha come oggetto di conoscenza l’uso della unità simboliche che compongono il linguaggio ordinario, il quale dà forma alle configurazioni discorsive (Turchi, 2007; Turchi, Orrù, 2014).
Dott.ssa Rosita Solarino, Psicologa e Mediatrice
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