“A quando la pace in Congo?”, 107 associazioni si mobilitano per spezzare il silenzio su una guerra senza fine
A pochi giorni dall’imminente viaggio apostolico di Papa Francesco nella Repubblica Democratica del Congo (che si terrà dal 31 gennaio al 5 febbraio) , i rappresentanti di 107 enti, associazioni, comitati e gruppi della società civile italiana, molti dei quali presenti nel Paese, chiedono di spezzare il silenzio su una guerra e sui crimini commessi ai danni della popolazione negli ultimi 30 anni. Un grido per un popolo che è stato annientato e distrutto in un conflitto che ha avuto i civili, soprattutto donne e bambini, come principale bersaglio.
Ieri mattina, a Roma, si è tenuta la conferenza stampa dal titolo “A quando la pace in Congo?“, una conferenza che è servita non solo a non spegnere le luci sulle stragi ma anche come punto di partenza affinché vi sia una mobilitazione concreta, una presa di coscienza da parte dell’occidente e dell’Europa, per intervenire nella Regione del Nord e del Sud Kivu togliendo terreno al Movimento M23 e agli oltre 100 gruppi ribelli presenti nell’area con la realizzazione di un programma concreto di disarmo, smobilitazione e, dove possibile, con la reintegrazione dei combattenti nella società civile.
Ma la riflessione, appunto, è molto più ampia. “Urge istituire un Tribunale penale internazionale per la Repubblica democratica del Congo per rispettare la dignità della nostra umanità”. È la richiesta avanzata ieri in conferenza stampa da Pierre Kabeza, ex sindacalista e difensore dei diritti dei bambini nel suo Paese e rifugiato in Italia (nella foto in evidenza, a sinistra)
Gli esperti dell’Onu hanno consultato più di 1.500 documenti, interrogato più di 1.280 testimoni e 200 rappresentanti di Ong e concluso che “gli autori dei crimini sono i gruppi ribelli congolesi e stranieri, le forze armate congolesi, ugandesi, burundesi, angolane, ruandesi, ciadiane e dello Zimbabwe” ma “tanti autori intellettuali di questi crimini – ha precisato Kabeza durante la conferenza stampa di ieri a Roma – sono diventati capi, senatori, ministri, generali, e quindi intoccabili. È una guerra legata al saccheggio dei minerali, un servizio alle multinazionali delle grandi potenze e per questo i grandi del mondo hanno chiuso gli occhi. Mantenere il Congo nel caos è un vero business internazionale”.
Secondo Pierre il problema è che alle economie occidentali conviene l’immobilismo politico presente in Congo: «Il vero problema del Congo è il Coltan che serve per la fabbricazione di componenti elettronici che si trovano nei televisori, nei computer, negli smartphone. È per questo che anche i media occidentali non ne parlano mai. Quello che succede nel nostro Paese rimane nascosto, nessuno può dire la verità». Molte risorse naturali presenti in Congo sono di molto importanti per le economie occidentali, soprattutto il Coltan, utilizzato nel settore automobilistico, aerospaziale, high-tech ed elettronico di cui i principali importatori sono Stati Uniti, Europa, Cina. “Se noi vogliamo la pace ci vuole la giustizia – ha concluso Kabeza. La soluzione nel Congo non sarà né militare, né politica perché tutti gli accordi politici sostenuti dall’Occidente hanno permesso ai criminali e ai signori delle guerre di diventare i grandi responsabili a livello alto dello Stato. Si metta fine all’ipocrisia della comunità internazionale”
Rosolini, lo sappiamo bene, ha da sempre un forte legame con la Repubblica Democratica del Congo e le sue parrocchie gemellate, motivo per cui la Commissione locale per il Congo, composta dalle quattro parrocchie di Rosolini, indirà sullo stesso tema una Conferenza Stampa per i prossimi giorni, allo scopo di far conoscere ai rosolinesi questo dramma che sembra così lontano ma per il quale ognuno di noi può invece dare il suo contributo.