Il 25 Aprile a 78 anni di distanza dalla Liberazione celebra la democrazia e la sua difesa (di Corrado Calvo)

Il 25 Aprile a 78 anni di distanza dalla Liberazione celebra la democrazia e la sua difesa (di Corrado Calvo)

NON TUTTI I MORTI SONO UGUALI 

Una festa di corone e di divise non basta per uscire dalla Zona Grigia. Contro il clima assolutorio urge la difesa di valori e principi inalienabili, pena la negazione della dignità dell’uomo

Articolo a cura del Professore Corrado Calvo

http://www.gruppolatino.it/volantino.html

Oggi, a 78 anni dalla Liberazione, occorre fare una riflessione sul significato che riveste per noi Italiani la data del 25 aprile 1945, resa necessaria dalla presenza di una memoria labile e quanto mai volatile che colloca avvenimenti e azioni in una zona grigia in cui tutto si confonde. In anni recenti c’è stato chi ha cercato di fare scomparire tale ricorrenza dalle festività nazionali civili e chi ha tentato in malo modo di snaturarla gettandola nel gorgo retorico di un passato equivoco. Questi due atteggiamenti (l’eliminazione del 25 aprile e il suo tramutamento in qualcosa d’altro) si scontrano e si confondono in quella zona grigia, in cui tutti i morti appaiono uguali, cancellando il perché di una vita spezzata e raccogliendoli sotto il velo compassionevole d’una verità “pelosa”: tutti eroi e martiri; e allora una sana festa per tutti. Il dibattito apertosi sulla Resistenza in tempi recenti, subdolamente ha sviluppato questa chiave di lettura assolutoria, celando la faccia vera del revisionismo e del negazionismo, ingigantendo episodi singoli di mano partigiana dettati dalla vendetta e dal rancore in risposta ai soprusi intollerabili compiuti dai fascisti al riparo della camicia nera.

La memoria di fatti pur recenti si è volatilizzata, i protagonisti sono passati a miglior vita e allora diventa facile propinare una “propria verità”.

I giovani, e non solo essi, guardano al giorno di vacanza che la ricorrenza regala e si preoccupano solo se la giornata sarà buona per la scampagnata fuori porta o per stendersi al sole sulla spiaggia. Se la giornata sia legata alla Resistenza, alle Forze Armate, ai Caduti di tutte le guerre, ai carnefici diventati vittime o viceversa, poco importa.

Pochi di essi mostrano di sapere o di ricordare, per averlo studiato a scuola, che furono anche ragazzi come loro a lottare per darci questa società e quelle libertà che oggi appaiono di poco conto e sovente snobbate, senza soffermarsi a chiedere da dove e come esse ci provengano. Questa data serve, invece, per non dimenticare quello che gli italiani erano e che hanno rischiato di continuare a essere senza il sacrificio di chi seppe resistere e combattere.

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In un contesto di tal genere, la sanguinosa avventura di Salò, Marzabotto, le Fosse Ardeatine, la Risiera di San Sabba, le stragi proditorie e ingiustificabili che hanno coinvolto innocenti, vecchi, donne e bambini cancellando interi paesi passerebbero in seconda linea. Il clima assolutorio che si vorrebbe universalmente ammannire, sospende ogni giudizio morale e finisce col gettare nello stesso imbuto fatti storici capitali, scelte di vita e azioni ideali assieme a meschini interessi, arroganze e soprusi d’ogni genere propri di chi quel potere esercitò.

Il 25 Aprile è, quindi, una di quelle date che non vanno dimenticate, che devono imprimersi col fuoco nella memoria di un popolo. E’ il simbolo della rinascita morale della Nazione e non dovrebbe costituire terreno di scontro politico e ideologico, indicando un fatto inequivocabile della storia del nostro Paese: la liberazione dell’Italia, di una Nazione che, dopo l’ubriacatura dei fasti imperiali, s’era trovata sotto il giogo nazifascista che aveva trasformato il nostro territorio in un sanguinoso campo di battaglia.

Per alcuni giovani, oggi, è libertà rientrare più tardi la sera, girare in motorino senza casco o stare con persone che magari a mamma e papà non piacciono. Ma se i problemi fondamentali per loro sembrano essere questi, lo sono solo perché c’è stato chi ha speso la propria vita per fare dell’Italia un Paese libero, dove il confronto, il rispetto della persona e della democrazia sono diventati inalienabili, fatti assodati, perché i loro nonni, i padri dei loro padri, per il raggiungimento di questi valori hanno versato il sangue e dato la vita.

La Resistenza è il “sussulto morale” di un popolo (Maurizio Viroli) che ci permette di vedere sotto la giusta luce il contrasto fascismo-antifascismo, i morti, le azioni, i comportamenti dell’una e dell’altra parte e di non confondere vittime e carnefici.

Il fascismo è un’ideologia che ha rinnegato, e rinnega tuttora, i più sacri valori umani: contro l’uguale dignità delle persone ha proclamato la dottrina delle razze superiori; contro il patriottismo democratico e i diritti dei popoli ha posto sugli altari il nazionalismo; contro i principi politici del liberalismo ha celebrato il capo infallibile che non ha bisogno di limiti perché non può sbagliare; contro la dignità della donna ha inneggiato fino al ridicolo alla maschia ferocia e ne ha fatto una passiva fattrice di figli-soldato; alla compassione cristiana ha contrapposto l’odio verso i deboli; contro il libero confronto delle idee ha esaltato l’unità ideologica.

Il vero antifascismo è l’ideale morale che fa propri tutti questi valori che il fascismo disprezza. In quanto ideale, l’antifascismo, non è monopolio di nessuna ideologia politica: è il modo di vivere delle persone libere. Ed è questo che vogliamo celebrare nella ricorrenza dei 78 anni, al di là delle corone di alloro e dei discorsi ufficiali, facendo tesoro dell’esperienza e del patrimonio democratico di questo “sussulto morale” che percorse durante il secondo conflitto mondiale l’intera Europa. Nelle regioni italiane azione ed esperienza resistenziali non sono state omogenee per la diversa situazione e condizione cui sottostavano; ma chi può dimenticare il grande contributo dato dalle brigate “Garibaldi” e “Giustizia e Libertà” alla liberazione di città come Firenze, Milano, Genova, Torino, del ruolo fondamentale dei Comitati di liberazione nazionale, specie del Clnai, capaci di fronteggiare e contenere il ritiro rovinoso e cruento dei battaglioni nazisti, diventati dopo l’8 settembre i veri padroni del suolo italiano. Per non dire della guerra senza quartiere combattuta dai Partigiani contro i “repubblichini” di Salò, che romanzi come “Uomini e no” di Vittorini o film come il pasoliniano “Salò o le 120 giornate di Sodoma” hanno espresso in tutta la loro crudezza.

E’ diverso morire per una causa piuttosto che per un‘altra. Se avesse vinto il fascismo, se non ci fosse stato chi ha sacrificato la vita per fermarlo, l’Italia sarebbe ancora la culla del regime autoritario e del sopruso. Oggi, battersi per questi valori, significa oltretutto salvaguardare i principi che ispirano la nostra Carta Costituzionale ed impegnarsi per un’Italia più giusta, più libera, più solidale; e significa anche esprimere una dura condanna a chi tenta di stravolgere la Costituzione nata dalla resistenza partigiana.

Oggi la Resistenza consolida i suoli valori fondamentali di libertà e di difesa dell’uomo come tale e ribadisce che sono valori attuali e vitali per cui occorre ancora combattere nelle forme e nei modi che la nuova condizione storica ci mette innanzi.

CORRADO CALVO

 

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