Prof. Pietro Petriglieri: contro le dipendenze e l’isolamento la ricetta per un futuro migliore
Applausi ed apprezzamenti per la presenza a Rosolini del chiarissimo Prof. Pietro Petriglieri, padre, mentore e relatore unico della conferenza medica a carattere sociale svoltasi sabato 12 marzo in Sala Cartia. “Strutturazione del tempo e qualità della vita nella società di oggi” è il tema affrontato durante l’incontro promosso dall’Associazione Cultura & Dintorni e dalla FIDAPA sezione di Rosolini col patrocinio del Comune di Rosolini. Presenti anche il vicesindaco Salvo Latino e l’assessore Cinzia Giallongo che ha portato i saluti del Sindaco Calvo.
A coordinare i diversi momenti lo scrittore Corrado Calvo, presidente dell’Ass. Cultura e Dintorni, che ha definito “il tempo tiranno, galantuomo, ma anche una medicina: una dimensione spazio temporale che influenza e condiziona ogni nostro atto”.
A introdurre al pubblico Pietro Petriglieri, prof. emerito dell’Università degli Studi di Catania, neuropsichiatra e psicoterapeuta, autore di numerose pubblicazioni, specialista in malattia nervose e mentali, attivo nel sociale che continua a esercitare all’Università di Catania, è spettato alla prof.ssa Ignazia Iemmolo Portelli, pres. della FIDAPA sezione di Rosolini, che ha salutato il “Grande concittadino” sulle ali del ricordo: “Un professionista ma prima ancora un figlio illustre che, nonostante il suo prestigioso impegno lavorativo lo abbia tenuto a Catania e altrove, non ha mai tagliato il cordone ombelicale con la sua città, Rosolini”.
Un amore per la professione encomiabile palesatosi nella commozione espressa sin dalle prime parole: “Tutto ciò che faccio, – ha esordito Petriglieri– lo faccio col cuore. Ogni cammino richiede un cuore. Stasera sono qui per invitare tutti a pensare come programmare un futuro migliore per i nostri giovani”. La salute psico fisica intesa come un lungo viaggio che parte dall’utero materno e che si sceglie di vivere ogni giorno con obiettivi sani e precisi, gestendo il proprio tempo, senza rimanere intrappolati nelle dipendenze, quelle classiche, ma anche in quelle moderne, causate da sistemi tecnologici. “Le nuove dipendenze riguardano il nostro comportamento, incidono sulla qualità della nostra vita e ci privano del rapporto con gli altri. Le persone lo fanno per lenire le loro sofferenze personali perché se uno sta bene, non ha bisogno di stare davanti al computer. I genitori hanno questo compito: far in modo che i figli abbiano di meglio, relazioni sociali vere. L’isolamento è il veleno perché noi siamo essere umani e abbiamo bisogno di legami, non di essere legati. Più sono profondi i legami, migliore sarà la qualità della nostra vita”.
Una disamina forte e puntuale condotta da chi si è definito un umile “appassionato di cervello”: “In realtà del nostro cervello ne sappiamo pochissimo, circa il 10- 15%, sappiamo però che funziona per obiettivi. Il pensiero costruttivo funziona con due domande semplici: che cosa voglio? Come posso ottenerlo? Le persone che pensano a quello che non vogliono, si trovano solo quello. Se il nostro cervello non ha obiettivi gira a vuoto e possono diventare pensieri ossessivi capaci di compromettere la qualità della vita. Ecco l’importanza di avere la padronanza delle proprie idee e pensare in termini di obiettivi sani. Nella comunicazione – ha continuato lo studioso- le parole rappresentano solo il 7 % della comunicazione, il paraverbale il 38%, il resto è corporeo: è la presenza quella che completa la comunicazione”. Un accenno poi è andato alle fasi della vita, alla definizione del lutto, agli stati di angoscia che affliggono la persona umana per infine parlare di modelli positivi, ricordando la regola delle 3C = K. “Sono tre i bisogni fondamentali con i quali nasciamo e viviamo per tutta la vita. Abbiamo bisogno di un po’ di cibo, di calore e tante coccole. La terza C di cui siamo spesso carenti tentiamo di compensare con la prima c, il cibo, ma il cibo serve per nutrirsi, non come surrogato di altre carenze”.
Non una conferenza tecnica ad esclusivo appannaggio scientifico, ma un racconto tra vita e scienza condotto da uno specialista che incarna l’esperienza, la sapienza, la conoscenza, l’ironia, la saggezza, e l’umanità di chi ha speso una vita per comprendere e aiutare gli altri. “Se noi agiamo bene, – ha concluso il professore– i ragazzi saranno migliori di noi. Se non va bene, non stiamo fornendo prospettive né modelli ai ragazzi”.
Il pubblico curioso, motivato ed entusiasta ha percepito l’importanza del ritrovarsi assieme. Una platea cara al professore da cui lo stesso si è congedato con la promessa di tornare nel mese di maggio, in occasione del concorso Scripta Manent, per un nuovo costruttivo momento di incontro, di condivisione, di scambio, di aggregazione sociale e di costruzione personale offerto alla cittadinanza.
Alessandra Brafa