“Fiore di kokai” il monologo di Giovanna Alecci per la giornata contro la violenza sulle donne

“Fiore di kokai” il monologo di Giovanna Alecci per la giornata contro la violenza sulle donne

 In occasione della Giornata nazionale contro la violenza sulle donne.

Fiore di kokai di Giovanna Alecci 

“Sono venuta al mondo esalando un urlo caparbio e orgoglioso. Poi mi hanno messo a tacere, con croci sulla bocca.

E vivo così da tempo. Da troppo tempo.

Inceneriscono gli occhi le perle iridescenti di un collirio fittizio e illusorio.

Hanno messo una mano sul mio capo, per farlo chinare fino a farmi annusare la polvere sotto le scarpe.

Le loro scarpe di pelle: oh le loro scarpe!

Odorano di calci sui miei genitali. Non era una carezza. Affogo negli abissi di questo mare di lacrime e morte.

Una piccola finestra mostra ciò che c’è da vedere, ma io inseguo altro. Sogno di correre tra le mie strade assolate, ai cui margini si adagia sempre più sabbia. Vorrei dare aria al fuoco che mi brucia proprio qui, dentro al cuore. Vorrei poter guardare il cielo sorridendo, sicura del fatto che il mio sorriso possa specchiarsi in quest’immensità di azzurro che esiste per tutti. Il sole non può vedere la mia bocca sorridere. Eppure ho una bella bocca: carnosa e scura. Ho anche dei bei denti, bianchissimi. Insomma, credo proprio di avere un bel sorriso, ma è possibile che sia proprio per questo che tu mi voglia celata dietro un velo nero? Il nero non è un colore. Il nero è un no. Il no alla libertà di noi donne. Perché hai paura della bellezza di un sorriso? Cosa temi veramente?

Cantare, sì, cantare!

Ho sempre desiderato cantare e anche fischiare, come un uomo. Mi viene dal petto questa voglia. Cantare mi mette in pace, raggiungo altre dimensioni, ma lo faccio quando so di essere sola. Vorrei ascoltare la musica, andare ai concerti.

Ho saputo che le ragazze europee, quelle della mia età, vanno ai concerti, guidano l’auto, studiano, diventano medici, sono rispettate dai loro uomini. Io vorrei parlare con i miei coetanei, anche per strada, ho tante cosa da dire, tante domande da fare.

Perché hai paura delle mie domande? Perché mi vuoi coperta, muta, inerme, incapace di nuocerti? Ma è così che sono, non devi aver paura.

Voglio essere la gioia e la pace che risplende da ogni luogo, anche dal più oscuro e misterioso romitorio. Ho provato a dirtelo ma tu hai tagliato i miei genitali.

Lo hai fatto fare a mia madre.

Hai mutilato più di un clitoride, hai reciso le ali che dovevano ancora spiegarsi. Sono morta in quel momento. È nata una donna morta in quel momento.  Il cuore è divenuto metallo e si è fuso alle sue catene.

La vita può trasformarsi in lamento.

Eppure puoi trovare sempre il modo per farne melodia. Ho sempre amato la musica, può sostituirsi al ritmo del dolore. È così che  ti ho sentita nel mio grembo, figlia mia, sapevo che eri una femmina, ne intuivo il triste e condiviso destino.

Sei nata in me, fiore di kokai.

Sei nata nel mio corpo crocifisso nel tempo deciso dagli uomini. E adesso navighi le placide acque di un utero salino che ti costruisce le ossa. Fai in modo di possedere un corpo forte, qui serve amore mio, è necessario per sopravvivere.

Ti hanno chiusa in me con spine di acacia e filo.

È successo in pieno giorno, così le urla si sono confuse con gli altri rumori e l’indifferente affaccendamento quotidiano. Ti hanno chiusa in me e sei divenuta dea e pensiero di indipendenza. In te si nasconde la verità di una vita che vorrei ancora vivere. Si è affacciata la speranza che ho inseguito e che ho poi temuto.

Sei l’attesa per un mondo diverso, il mio, il tuo, forse saremo da esempio per altre donne. Sì, lo saremo mio unico amore, mia piccola Manaar.

Lotteremo affinché tu possa sorridere al cielo. Il sole merita di riflettersi in un altro sole.

Ed eccoci qui, stai per nascere. Aspettavo questa musica. Il ritmo cresce e conta i minuti e poi i secondi. Non sarà facile per noi. Tu troverai la tua strada ben chiusa. Se potessi aiutarti, se solo avessi il coraggio di liberare il tuo passo, ma la mia mano trema incerta quando tenta di trovare un accesso. Ti hanno chiusa in me, cucendo tutto. Il nostro destino adesso è una danza che balleremo solo io e te. Tu sarai capace di trovare la via. Tante volte ho avuto l’incredula certezza che tu abbia compreso in quale povero mondo stai arrivando. Il mondo che è dolore per ancora troppe donne.

Oggi sei apparsa dalle mie viscere come fuoco che tutto rinnova, onnipotenza di un amore universale. Scintillio di acque tempestose e scroscianti dalla bocca del Dio padre. Rosso porpora dal centro del mondo. Sei il chiaro esempio di come la libertà, a volte, si nasconde dietro a fili che saldano la fragile carne. Sei nel coraggio di ciò che vorrai, mia Manaar. Canta sempre, canta come ora. Non far posare nulla sul tuo capo, a meno che non siano farfalle. L’amore puro è in te, veicolo incontaminato di una storia che torna senza fine agli uomini, ma che tu canterai sempre nel mio nome e nel nome di tutte le donne.

Giovanna Alecci

 

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