Conoscere per valorizzare, nella cantina “Terre di Noto” presentata la “carta d’identità” dei vigneti di Sicilia
Oltre 10 anni di intenso lavoro, di studi, di catalogazione, alla ricerca minuziosa dei vigneti indigeni della Sicilia al fine di conoscerli e cercare la strada giusta per valorizzarli. Dal Nero D’Avola al Frappato, dal Grillo al Catarratto, così come l’Albanello o il Nerello Mascalese, tutte qualità delle quali oggi si ha contezza del profilo aromatico, genetico e fenotipo per organizzare e avviare una nuova sfida ai mercati internazionali.
“Identità e ricchezza del vigneto in Sicilia” è questo, un libro che rappresenta un vero e proprio trattato scritto a più mani da Giacomo Ansaldi, Vito Falco, Francesco Gagliano e Attilio Scienza ma sul quale ruota un gruppo di lavoro ben più ampio, di oltre 80 persone del settore, di veri appassionati, che hanno voluto tramandare ai posteri una “carta d’identità” dei vini che va adesso sfruttata e valorizzata sapientemente.
Un lavoro che venerdì scorso 3 agosto è stato presentato nello splendido angolo immerso nei vigneti della cantina “Terre di Noto” della famiglia Di Marco, situato sulla strada provinciale Ispica-Pachino in contrada Burgio-Coste Fredde, nata nel 1989 e diventata oggi una delle più solide realtà vitivinicole del territorio.
Ad inizio presentazione è stato Dario Cartabellotta, dirigente generale del dipartimento regionale della Pesca, coautore del libro, a omaggiare quei viticultori che nel 2002 hanno avuto l’idea di segnare la strada per questo lavoro.
“Giacomo Rallo, Diego Planeta e Lucio Tasca -ha detto-, si sono presentati in Regione e non hanno chiesto soldi, ma bensì di svolgere una ricerca sui vitigni autoctoni. Sono stati lungimiranti e trainanti per la costituzione dell’associazione “Assovini” che ha guidato il mondo dell’enologia di qualità. Dopo 15 anni quel lavoro è stato ultimato e oggi abbiamo consapevolezza dell’identità e ricchezza dei nostri vigneti, e l’identità è l’unica carta veramente vincente per questa terra, in tutti i settori”.
Circa due ore di presentazione che ha visto interessanti intervenuti dei dirigenti dell’Ispettorato dell’Agricoltura di Siracusa, Michele Giglio e Giuseppe Taglia, uno degli autori del libro, Giacomo Ansaldi, di Giuseppe Cicero, responsabile dell’indagine per le provincia di Siracusa e Ragusa, per finire con Angelo Paternò, presidente del Consorzio vini DOC Eloro e Noto) e Carmelo Frittitta, dirigente generale del dipartimento Regionale dell’Agricoltura.
A fare gli onori di casa Antonino Di Marco, proprietario dell’azienda Terre di Noto, che nel suo intervento ha voluto sottolineare l’importanza di tutelare a 360 gradi il patrimonio indigeno siciliano e nello stesso tempo guardare al futuro avendo “lungimiranza e pensare ai prossimi 10 anni cecando di lavorare sulla ricerca per rendere più resistente le nostre varietà”.
Gradita è stata la presenza della deputata nazionale Maria Marzana, componente della Commissione Agricoltura alla Camera, mentre sia l’assessore regionale all’agricoltura Edy Bandiera che i sindaci di Noto e Pachino, Corrado Bonfanti e Roberto Bruno, inseriti in un primo momento nel programma degli interventi, non hanno potuto partecipare all’incontro.
“Affermare la nostra identità e il nostro territorio è la priorità –ha detto la Marzana-, perché sono cose uniche che nessuno potrà mai toglierci, e farli apprezzare in tutto il mondo. Il nostro territorio ci dà tantissimo, tocca a noi saperlo valorizzare”.
Snocciolati i numeri del lavoro di ricerca in cui sono stati individuati ben 3.500 biotipi di vino diversi. Ricerca portata avanti dall’assessorato Regionale Agricoltura, unica nel suo genere, che ha permesso di individuare 70 varietà di vitigni antichi, 7 vitigni di interesse regionale, 13 di interesse locale, 12 tipologie minori e 12 cloni regolarmente omologati “che rappresentano un patrimonio straordinario –ha detto Giacomo Ansaldi-. Oggi chi vuole produrre vino e vite in Sicilia ha un’arma strategica in più per poterlo fare in maniera seria, organizzata, perché grazie a questo può entrare in possesso di tutte le conoscenze necessarie”.
Un lavoro che in provincia di Siracusa e Ragusa è stato portato avanti da Giuseppe Cicero. “Era importante conoscere la nostra realtà, recuperare le reliquie e portarla al campo di germoplasma. E tanto materiale è stato trovato. Ringrazio tutti i produttori per la sinergia e la grande disponibilità che hanno dato in questo lavoro certosino che avevo già svolto per raccogliere la biodiversità dell’olio”.
Fiore all’occhiello della Sicilia il vivaio Federico Paulsen di Marsala in cui sono raccolte tutte il germoplasma viticolo siciliano, le varietà autoctone, antiche ed in cui si sta lavorando “a 25 vini di analogia zero sperimentali”.
Conciso e diretto l’intervento di Giuseppe Taglia, dirigente dell’Ispettorato dell’Agricoltura di Siracusa. “Oggi conta l’identità, e chi fa vino ha una chance in più in quanto è legato al territorio. E anche il biologico è ormai superato, perché mentre si può fare da per tutto, una reliquia è solo qui. Dobbiamo puntare sulle tantissime varietà che abbiamo e valorizzarle nel giusto modo”.
Ed è proprio su questo che si è incentrato l’intervento di Angelo Paternò, presidente del Consorzio vini DOC Eloro e Noto. “Abbiamo tra le mani un ottimo lavoro –ha detto-, ma adesso dove si va? Bisogna passare alla fase successiva senza svendere il territorio”.
Non è mancato il messaggio rivolto alle istituzioni per creare condizioni di “normalità” nel territorio. “Oggi dovevano essere presenti i sindaci di Noto e Pachino ed è un peccato non siano qui –ha concluso Paternò-. Chiediamo solo una cosa: tra Siracusa e Ragusa passano circa 2 milioni di turisti l’anno. Volete quanto meno pulire le strade del territorio?”.
Ha concluso Carmelo Frittitta, dirigente generale del dipartimento Regionale dell’Agricoltura.
“Il settore vitivinicolo viene visto come esempio da seguire negli altri settori –ha concluso-. Dobbiamo salvaguardare la nostra agricoltura iniziando a fare scelte diverse, primo fra tutti accompagnando processi di recupero delle aree incentivando chi abbandona le serre per il campo aperto. C’è chi pensa che il territorio vada consumato, noi lo vogliamo proteggere”.
A fine serata si è svolta una degustazione di vini ad analogia zero accompagnate da una profumata degustazione di prodotti tipici locali promosse dallo chef Giuseppe Catanese, offerte ai partecipanti dalla cantina “Terre di Noto”.
La Sicilia è pronta per lanciare una nuova sfida ai mercati internazionali, e da oggi ha tutte le conoscenze per poterlo fare nel migliore dei modi. Siamo solo all’inizio di un lavoro di promozione e valorizzazione che solo con la passione e la tutela del territorio si può portare a termine.