8 marzo: essere donna oggi

8 marzo: essere donna oggi

“8 Marzo: essere donna oggi” è il titolo della conferenza che si è tenuta martedì scorso presso l’Istituto superiore “Paolo Calleri”, a Rosolini. Promotore dell’iniziativa lo sportello antiviolenza di Rosolini della Rete provinciale di Siracusa, fondata e diretta da Raffaella Mauceri.

Relatrici sono state Anna Arangio, Psicologa Clinica e Forense, responsabile dello sportello rosolinese, e Mariagrazia Scatà, Psicologa e Psicoterapeuta Cognitiva, Operatrice per le accoglienze su Siracusa, Villasmundo e Rosolini.

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I temi trattati hanno riguardato le reali radici storiche, politiche, culturali e sociali dell’istituzione della giornata mondiale della donna, celebrata l’8 di Marzo di ogni anno dal lontano 1909; la violenza di genere, la nascita dei primi Centri Antiviolenza in Italia; il lavoro svolto dalla Rete Centri Antiviolenza di Siracusa sull’intero territorio regionale.

Obiettivo dell’incontro, la ricostruzione storica di tale ricorrenza, mirata a stimolare la conoscenza critica delle origini della “Festa della donna” e la riflessione su come e cosa sia cambiato negli anni, e cosa ancora può o dovrebbe cambiare, nel nostro paese, per rendere giustizia al lavoro compiuto dall’ONU per la difesa dei diritti delle donne e per la pace internazionale.

Le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne sono state, ad oggi, raggiunte? Le discriminazioni e le violenze cui quest’ultime sono oggetto, vengono tutt’oggi perpetrate?

Questi sono gli spunti di riflessione che il Centro Antiviolenza di Rosolini vuole proporre ai nostri ragazzi che si preparano ad essere cittadini della società di oggi, auspicandosi che questo lavoro di condivisione, dibattito e riflessione sull’essere donna oggi, possa contribuire, non solo ad aumentare la loro conoscenza critica rispetto a tali tematiche, ma anche contribuire ad una loro crescita personale che possa renderli individui migliori e un po’ più consapevoli di prima.

L’8 Marzo di ogni anno ricorre, infatti, la Giornata internazionale della donna (comunemente conosciuta come “Festa della donna”) per ricordare le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, ma anche le discriminazioni e le violenze di cui sono oggetto.

Questa celebrazione, che si è tenuta per la prima volta negli Stati Uniti nel 1909 e in Italia nel 1922, si svolge ancora oggi in molti paesi del mondo, anche se si fa spesso confusione circa le origini di tale ricorrenza. Nel secondo dopoguerra, infatti, cominciarono a circolare fantasiose versioni, secondo le quali l’8 marzo avrebbe ricordato la morte di centinaia di operaie nel rogo di una inesistente fabbrica di camicie avvenuto nel 1908 a New York. Nonostante le ricerche effettuate da diverse femministe tra la fine degli anni settanta e gli inizi degli anni ottanta abbiano dimostrato l’erroneità di queste ricostruzioni, le stesse sono ancora diffuse sia tra i mass media che nella propaganda delle organizzazioni sindacali e più in generale nella popolazione dei paesi in cui tale ricorrenza viene celebrata.

Con la Risoluzione 32/142 del 16 dicembre 1977, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite propose ad ogni paese, nel rispetto delle tradizioni storiche e dei costumi locali, di dichiarare un giorno all’anno “Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne e per la pace internazionale” (“United Nations Day for Women’s Rights and International Peace”). Adottando questa risoluzione, l’Assemblea riconobbe il ruolo della donna negli sforzi fatti per la pace e riconobbe l’urgenza di porre fine ad ogni discriminazione e di aumentare l’impegno per una piena e paritaria partecipazione delle donne alla vita civile e sociale del loro paese. L’8 marzo, che già veniva celebrato in diversi paesi, divenne così una data ufficiale in molte nazioni.

Per costruire una nuova cultura servono modelli, leggi, educazione, protezione delle vittime. Secondo questi principi si sono mossi il Movimento di Liberazione delle Donne (MLD) e in particolare il Femminismo che costitutiva la “punta di diamante” dell’MLD.

A partire dagli anni Settanta, dunque, le donne cominciarono a mobilitarsi contro la violenza di genere, sia per quanto riguarda lo stupro sia per quanto riguarda il maltrattamento e la violenza domestica. Le donne misero in discussione la famiglia patriarcale e il ruolo dell’uomo nella sua funzione di “marito-padre-padrone”, rigettando ogni forma di violenza esercitata sulla donna fuori o dentro la famiglia. Di fatto, con l’espressione «violenza di genere» si indicano tutte quelle forme di violenza inflitte alle donne in quanto donne, cioè fondate sulla discriminazione sessuale.

È violenza contro le donne ogni atto di violenza fondata sul genere che provochi un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà.

Così recita l’art 1 della dichiarazione Onu sull’eliminazione della violenza contro le donne. L’idea comprende il danno fisico, sessuale e psicologico derivante da atti violenti quali lo stupro, le mutilazioni genitali, la violenza connessa alla dote o allo sfruttamento, al traffico delle donne e alla prostituzione forzata, ma anche la violenza domestica sotto forma di percosse o di violenza sessuale e l’intimidazione sessuale sul lavoro.

La matrice della violenza contro le donne ha radici millenarie che affondano nella profonda disuguaglianza dei rapporti tra uomini e donne, altrimenti detta “disparità di genere”. La stessa Dichiarazione adottata dall’Assemblea Generale dell’Onu parla di violenza contro le donne come di “uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini”. La violenza viene riconosciuta, infatti, come una manifestazione delle relazioni di potere storicamente asimmetriche tra gli uomini e le donne ed è considerata il meccanismo sociale attraverso il quale le donne permangono in una condizione subordinata rispetto agli uomini. La violenza è dunque un ostacolo al raggiungimento dell’eguaglianza e rende inefficace, almeno in parte, quanto viene invece formalmente riconosciuto a livello giuridico internazionale.

Per cercare di eliminare tale fenomeno bisogna dunque attivare un intenso lavoro finalizzato a modificare le radici culturali di un paese, attraverso vaste campagne di prevenzione e sensibilizzazione partendo dalle scuole e dai luoghi di lavoro. Anche questo, del resto, è parte integrante del lavoro dei Centri Antiviolenza. Che, è bene saperlo, cominciarono a nascere proprio negli anni Settanta. E così pure, le Case rifugio per le donne vittime di violenza, che potevano trovare ospitalità insieme ai loro bambini.

In Italia i primi Centri antiviolenza sono nati solo alla fine degli anni Novanta ad opera di associazioni femministe, tra cui la Casa delle donne per non subire violenza di Bologna e la Casa delle donne maltrattate di Milano. Oggi tutto il Paese pullula di organizzazioni che lavorano sui vari tipi di violenza di genere, ma lo stato è latitante e non ricevono i sostegni previsti dalle stesse leggi nazionali e internazionali. Gran parte dei Centri antiviolenza italiani infatti sono ancora oggi costretti a lavorare in regime di duro volontariato.

Come il nostro fondato a giugno 2002 e diretto da Raffaella Mauceri, giornalista-editrice, esperta di women’s studies, formatrice e docente anche nell’ambito dei progetti europei, che si è poi ramificato e trasformato in una Rete di 16 presidi fra centri e sportelli che coprono capillarmente il territorio siracusano e offrono gratuitamente consulenza legale, e sostegno psicologico e sociale a donne e bambini vittime di maltrattamenti, abusi e gravi difficoltà.

La Rete è una onlus regolarmente iscritta all’Albo regionale delle organizzazioni di volontariato al n. 1008 del 6.2.2008. È socia storica della Rete Nazionale dei Centri a.v. È capofila del C.D.S., Coordinamento Donne Siciliane contro la violenza, che aggrega 18 centri antiviolenza e sei case rifugio distribuite su tutte e nove le province siciliane per un totale di 83 presidi in altrettanti comuni.

La Rete Centri antiviolenza di Raffaella Mauceri costituisce nel suo genere un caso unico in Italia. In nessuna provincia italiana, infatti, esiste una così fitta rete di presidi strategicamente distribuiti nel territorio per essere vicini alle donne di tutta la provincia, e tutti ospitati presso i rispettivi Comuni.

Nel concreto la Rete fornisce un pratico sostegno solidale e gratuito a donne e minori vittime di violenza. Le principali attività di sostegno sono l’accoglienza telefonica 24h; l’accoglienza in emergenza e rifugio in casa protetta per vittime di stalking e/o in pericolo di vita; consulenza legale, psicologica, pedagogica e sociale; lo sportello GLBT, per donne e minori vittime di violenza omofoba in collaborazione con l’Associazione Stonewall di Siracusa presieduta da Tiziana Biondi. Oltre a queste, la Rete svolge un’intensa attività di formazione, come: seminari per gli operatori di tutte le categorie sociali e istituzionali (FFOO, sanità, associazioni, ecc.), corsi di formazione per operatrici di centri antiviolenza e case rifugio; incontri nelle scuole e nelle università sull’educazione di genere; tirocinio pre e post laurea; biblioteca di genere (con noleggio) e centro documentazione per tesi di laurea.

Tutte le attività sono svolte da vari team di esperte, con competenze specifiche per ogni ambito, che si raccordano sempre e comunque tra di loro lavorando come una grande équipe per garantire il miglior sostegno e aiuto ad ogni singola donna che si rivolge al nostro centro, trattando ad hoc caso per caso. Esiste, inoltre, un ulteriore gruppo di socie, dalle competenze più svariate, che compone il gruppo eventi, che si occupa appunto delle relazioni pubbliche e sociali della Rete.

Una delle finalità dell’intervento dello sportello antiviolenza rosolinese presso l’Istituto superiore Paolo Calleri di Rosolini è stata quella di sensibilizzare la cittadinanza e far conoscere e promuovere l’immenso lavoro che la Rete siracusana svolge sul territorio siciliano.

Una lodevole iniziativa per la quale vanno ringraziati il Dirigente scolastico prof. Antonio Ferrarini, il Responsabile della sede Prof. Salvo Motta e le Referenti del progetto prof.sse Giliola Moretti e Franca Trombatore. Un ringraziamento, infine, va alla donna che ha permesso tutto questo e che continua a sostenere le 150 operatrici con la forza e il cuore che solo un’autentica femminista come lei può avere: la Presidente Raffaella Mauceri.

Anna Arangio

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